Conflitti d’interesse e corruzione: la COP29 in Azerbaigian è una farsa prima di cominciare

Lindipendente

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Tra l’11 e il 22 novembre si terrà a Baku, in Azerbaijan la COP 29, la ventinovesima conferenza annuale delle Nazioni Unite sulla lotta al cambiamento climatico. Per la prima volta, l’evento si svolgerà in una ex repubblica sovietica e vedrà tra i 40 e i 50 mila partecipanti, tra delegati, funzionari, leader politici e del mondo economico e finanziario e membri delle ONG – un numero estremamente elevato, seppur inferiore agli 84 mila partecipanti alla COP28 di Dubai dell’anno scorso. Al centro dell’evento di quest’anno vi sarà la discussione in merito ai finanziamenti, per i quali i Paesi sarebbero pronti a negoziare un nuovo obiettivo globale di finanza per il clima, il New Collective Quantified Goal (NCQG). Così come per gli Emirati Arabi Uniti lo scorso anno, l’Azerbaijan appare poco credibile come Paese ospitante dell’iniziativa sul clima. La sua economia dipende infatti in gran parte dall’estrazione di combustibile fossile, mentre la cultura politica, autoritaria e resistente all’esame critico, risulta in contrasto con i principi di trasparenza e inclusione su cui si fonda il sistema delle Nazioni Unite. Dunque, anche questa edizione della COP sembra essere avvolta dall’ipocrisia, oltre che costituire una questione di famiglia per il Presidente azero, Ilham Aliyev, in quanto buona parte delle aziende e degli sponsor collegati all’evento sono in mano a membri della sua famiglia.

COP Co-Opted, il rapporto pubblicato alla fine di ottobre da Transparency International e Anti-Corruption Data Collective, ha sollevato preoccupazioni sul fatto che la convenzione quadro «mancasse di protezioni contro l’influenza delle aziende e dei combustibili fossili nell’organizzazione della COP del Paese ospitante». Brice Böhmer, che ha guidato il lavoro di Transparency International sul cambiamento climatico e la governance, ha affermato che «senza linee guida su chi può essere un partner della COP e su come dovrebbe essere gestito il conflitto di interessi, è molto facile per i regimi corrotti assicurarsi che la loro famiglia e i loro amici possano usare la COP per ripulire i loro precedenti e beneficiare direttamente della COP».

Circa 5 mila tra i partecipanti alla Conferenza soggiorneranno in camere ultra-lussuose del Sea Breeze Resort, sul Mar Caspio, con accesso diretto a una spiaggia lunga sette chilometri, 50 bar e ristoranti e oltre 60 piscine. Il complesso turistico, che si estende su 500 ettari, appartiene a Emin Agalarov, ex genero del presidente Ilham Aliyev. Se già questo può ricoprire di un velo di ipocrisia l’evento, va inoltre aggiunto che buona parte delle aziende collegate all’evento e degli sponsor sono in mano a famigliari stretti del presidente.

Tra i partner ufficiali della COP29 figurano infatti il produttore alimentare Azersun e PASHA Holding, un conglomerato che abbraccia interessi nel settore bancario, assicurativo e delle costruzioni. La PASHA Holding appartiene a Leyla e Arzu Aliyeva, le due figlie adulte del presidente Aliyev. Hassan Gozal, nipote di Abdolbari Gozal, presidente di Azersun, è stato direttore di tre società costituite nelle Isole Vergini britanniche a nome delle sorelle Aliyeva, secondo un’indagine dell’International Consortium for Investigative Journalists.

Altri due sponsor della conferenza sul clima sono Silk Way West Airlines e un’azienda tessile chiamata GILTEX. La compagnia aerea è in ultima analisi di proprietà di un ex funzionario statale, Zaur Akhundov, mentre Arzu Aliyeva, figlia del presidente azero, era una dei tre proprietari di Silk Way Bank, l’ex braccio finanziario di Silk Way Group, di cui fa parte il vettore aereo. GILTEX, che controlla fino al 70% del mercato tessile locale, faceva parte di un conglomerato chiamato Gilan Holding. Un’indagine dell’OCCRP del 2018 ha rivelato che le figlie del Presidente Aliyev, attraverso una società registrata negli Emirati Arabi Uniti, avevano una partecipazione di maggioranza in Gilan Holding insieme ai figli di Kamaladdin Heydarov, ministro delle Situazioni di emergenza dell’Azerbaigian, nonché membro del comitato organizzatore della COP29.

Bank ABB, precedentemente nota come Banca Internazionale dell’Azerbaigian, è il Principal Banking Partner della COP e ha dichiarato di voler utilizzare «le intuizioni e le partnership forgiate alla COP29» per «promuovere soluzioni finanziarie che sostengano la stabilità ambientale, sociale ed economica». La banca fece notizia per il ruolo che ricoprì nello scandalo conosciuto con il nome di «lavanderia a gettoni azera», riguardante il riciclaggio di 2,9 miliardi di dollari. SOCAR Green, Energy Transition Partner dell’evento, è una filiale per l’energia pulita della compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian. Anche in questo caso, i due sponsor sono emblema di corruzione, poca trasparenza e ipocrisia nello svolgere della conferenza sul clima delle Nazioni Unite.

Amnesty International ha inoltre denunciato come l’Azerbaijan abbia una lunga storia di limitazione alla libertà di espressione, associazione e riunione. Le proteste pacifiche, comprese quelle tenute da gruppi ambientalisti, sono sempre state duramente represse e più di 300 persone sono attualmente incarcerate con accuse politicamente motivate. Il lavoro dei giornalisti è gravemente ostacolato da leggi draconiane e dalla costante minaccia di ritorsioni. La maggior parte dei media indipendenti sono stati eliminati, così come vaste fasce della società civile dell’Azerbaigian. La tortura e altri maltrattamenti durante la detenzione sono diffusi in Azerbaigian e l’impunità è radicata.

Insomma, questi sono gli ingredienti della COP29 delle Nazioni Unite che si terrà a breve in Azerbaijan. Non proprio adatti alla credibilità e alla riuscita della conferenza sul clima.

[di Michele Manfrin]

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