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Giovedì 1 febbraio, la Catalogna ha lanciato l’emergenza siccità, dopo aver vissuto il secondo mese dell’anno più caldo mai registrato nell’area con soglie al di sopra di 0,8 gradi centigradi rispetto alla media di temperatura rilevata dal 1991 al 2020. La decisione è arrivata dall’amministrazione dopo aver constatato una riduzione delle riserve dei bacini idrici al di sotto della soglia del 16% indicata nel Piano Siccità, e ha portato all’applicazione di numerose misure per far fronte alla crisi idrica che sta investendo la regione, e coinvolgendo circa 6 milioni di persone. Tra le misure prese si annoverano la limitazione del consumo di acqua per l’agricoltura, l’industria e l’uso privato nell’ottica di una “crescente pressione per accelerare gli sforzi di adattamento”. Il centro di studi Copernicus sta monitorando la situazione, e ha presentato uno studio per analizzare come la Catalogna si stia adattando alla situazione emergenziale.
Lo studio condotto da Copernicus e pubblicato in collaborazione con la testata Euronews analizza gli sforzi di adattamento della Catalogna alla emergenza idrica derivante dalla siccità, che per quanto sia un fenomeno di una straordinarietà ordinaria, rileva dati senza precedenti storici. Se infatti da un lato è vero che non è la prima volta che la Catalogna si trova in condizioni di difficoltà nella gestione della siccità e delle risorse idriche, dall’altro non si può evitare di notare come i numeri relativi, per fare un esempio, alle temperature siano ben al di sopra della normale registrazione fuori parametro. La scarsità delle risorse idriche è infatti rasente i minimi storici. Come riporta la stessa Euronews, il bacino di Sau, uno dei principali della regione, risulta praticamente svuotato dalle sue acque artificiali, mentre nell’entroterra della regione le famose cascate un tempo attrazione turistica sono oggi prosciugate.
Le prime misure adottate hanno visto una riduzione del limite giornaliero di consumo di acqua a 200 litri per persona al giorno, con la raccomandazione, ove possibile, di non andare oltre i 90. Questo limite include i litri di acqua consumata da ciascuna persona per sé stessa e per il proprio ambiente domestico, ma anche quelli consumati dalle imprese, dalle attività di natura industriale, negli uffici e nelle municipalità. Tali restrizioni si applicano anche ai turisti e arrivano a proibire la dispersione di acqua per determinate attività: è infatti vietato irrigare i giardini, l’erba dei campi sportivi (fatto salvo il caso in cui le strutture compensino l’utilizzo di tale acqua, per esempio chiudendo le docce), riempire le piscine e lavare privatamente la propria automobile.
Parallelamente alle restrizioni pubbliche, vi sono anche le iniziative private, tutte incentrate sul riciclo dell’acqua. A farlo è per esempio una struttura alberghiera che ormai da 25 anni riutilizza l’acqua di docce e lavandini nei servizi igienici, arrivando a risparmiare tonnellate di acqua. Lo stesso hotel sta collaborando con un team di scienziati per provare a vedere se è possibile depurare le acque grigie abbastanza da riutilizzarle anche per l’irrigazione e la coltivazione degli ortaggi. Un’altra azienda, invece, riutilizza le acque grigie nelle attività di pulizia. A frenare questo genere di iniziative, paradossalmente, pare essere proprio la legislazione spagnola per cui al momento si è autorizzati a utilizzare solo il 10% dell’acqua trattata.
La Catalogna è una regione che ha già dovuto far fronte al problema della siccità e della scarsità delle risorse idriche, tanto che tutt’oggi sono presenti e in funzione numerose installazioni costruite in risposta al lungo periodo senza piogge che ha investito la regione verso la fine degli anni 2000. Tra questi, figura l’impianto di desalinizzazione di El Prat de Llobregat, che tutt’ora è in attività 24 ore su 24 utilizzando energia rinnovabile. L’impianto soddisfa il 25% della richiesta di acqua della regione, tuttavia il suo utilizzo, che consiste nel prelievo delle acque del Mediterraneo a circa 2km dalla costa per trasformarla in acqua potabile, è caratterizzato da un altissimo dispendio di energia e da un altrettanto elevato costo. A usare meno energia e a risultare più sostenibile anche dal punto di vista dei costi è invece la struttura di rigenerazione dell’acqua che come El Prat funziona tutt’ora a pieno regime. Essa è costituita da un impianto di depurazione che tratta le acque già utilizzate, per poi fornirle a un secondo macchinario che le processa attraverso ulteriori sistemi di filtraggio, “trattando 180.000 m3 di acqua al giorno e soddisfacendo un altro 25% della domanda”. L’acqua, poi, viene trasportata circa 16 chilometri a monte per essere reintrodotta nel fiume Llobregat e mescolarsi con l’acqua naturale. Solo a quel punto, essa viene riestratta, filtrata e immessa nel sistema, dando vita a un ciclo artificiale dell’acqua.
Il sistema di funzionamento dell’impianto di rigenerazione dell’acqua segue la normativa europea e dà luogo a vantaggi anche dal punto di vista ambientale perché sostiene gli ecosistemi naturali e tiene viva la presenza di acqua sul territorio naturale. Nonostante ciò, la Catalogna sta ancora soffrendo le condizioni della siccità, che negli ultimi anni ha colpito numerosi Paesi, Italia compresa, e non è ancora chiaro quando i limiti imposti verranno definitivamente tolti. Come ritengono numerosi scienziati intervistati da Euronews, tuttavia, le iniziative di riciclo dei privati catalani e gli impianti tecnologici della regione non vogliono servire solo a far fronte alle crisi idriche, ma intendono costituire un primo passo per ripensare il rapporto dell’uomo con l’ambiente e con la gestione e l’amministrazione delle risorse.
[di Dario Lucisano]