https://www.open.online/2023/05/23/ue-eventi-estremi-italia-vittime-danni-fondi
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La scienza ci aveva avvertito, la realtà ce lo ha ricordato. Le alluvioni che nei giorni scorsi hanno sconvolto l’Emilia-Romagna costringono l’Italia a fare i conti ancora una volta con l’impatto dei cambiamenti climatici e con l’incuria del territorio. Negli ultimi decenni, gli eventi meteorologici estremi si sono presentati con sempre maggior frequenza in diverse zone del mondo. Anche in Europa il bilancio è drammatico: secondo le stime dell’Agenzia europea per l’ambiente, tra il 1990 e il 2021 gli eventi meteo estremi hanno causato 195mila vittime e 560 miliardi di euro di danni. Confrontando i dati dei diversi Paesi Ue, si scopre che l’Italia è terza – dopo Germania e Francia – per numero di vittime e perdite economiche. Negli ultimi trent’anni, il nostro Paese ha fatto registrare 22mila morti e 92 miliardi di euro di danni per eventi meteo estremi. «L’Italia è un Paese geologicamente predisposto al dissesto idrogeologico, ma noi abbiamo contribuito in larga parte a rendere fragile il territorio», spiega a Open Francesco Bosello, professore di Economia dell’ambiente all’Università Ca’ Foscari di Venezia e senior scientist del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc). «Se cementifichiamo dappertutto, impermeabilizziamo il suolo e togliamo spazio ai fiumi, poi non possiamo sorprenderci se questi eventi sono particolarmente dannosi», ragiona Bosello.
I ritardi italiani sull’adattamento
Quando si parla di politiche per il clima, sono due le parole d’ordine: mitigazione e adattamento. Con la prima ci si riferisce alla riduzione delle emissioni, fondamentale per rallentare il surriscaldamento del pianeta. L’adattamento, spesso più trascurato, indica invece tutte quelle misure che consentono di prevenire – o ridurre al minimo – i danni causati dai cambiamenti climatici. Ed è proprio sulle azioni di adattamento che, come ci hanno ricordato le alluvioni in Emilia-Romagna, l’Italia sconta un ritardo cronico. Un esempio? Gli 8 miliardi di euro del fondo anti-dissesto idrogeologico, stanziati e mai spesi. Oppure il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), aggiornato l’ultima volta nel giugno 2015. «Le risorse ci sono, ma manca un piano di messa a terra dei progetti – spiega Bosello -. L’adattamento è molto efficace e può ridurre i danni anche dell’80%. Se avessimo avuto un sistema di gestione dell’evento estremo in Emilia, invece di 5 miliardi di danni avremmo potuto averne zero».
L’Italia è uno dei Paesi europei più esposti alle conseguenze degli eventi meteorologici estremi. Secondo l’ultimo rapporto Ispra sul dissesto idrogeologico, relativo al 2021, il 93,9% dei comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni o erosione costiera. Per quanto riguarda le alluvioni, i cittadini esposti sono 6,8 milioni, mentre le regioni più a rischio sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria. La situazione è particolarmente critica in Emilia. I dati Ispra mostrano che, in uno scenario di «pericolosità media», il 45,6% dell’intero territorio regionale – in cui vive il 60% della popolazione – è considerato a rischio allagamento. Per quanto riguarda il pericolo frane, sono 565mila gli edifici in Italia situati in aree a pericolosità «elevata» o «molto elevata»: il 3,9% del totale. Considerando invece il pericolo inondazione, un edificio su dieci è a rischio, pari a circa un milione e mezzo di immobili. «Le conseguenze di tutti questi fenomeni saranno acuite dal cambiamento climatico, ma la verità è che già in questo momento siamo impreparati a far fronte al rischio corrente», avverte Bosello.
Gli scenari futuri
Stando al rapporto “Analisi del rischio: i cambiamenti climatici in Italia”, la probabilità del rischio da eventi estremi è aumentata del 9% negli ultimi vent’anni. Secondo il documento redatto dal Cmcc, «tutti i settori dell’economia italiana risultano impattati negativamente dai cambiamenti climatici». Le perdite maggiori riguardano però le infrastrutture, l’agricoltura e il settore turistico. Per quanto riguarda la stima dei danni economici, l’impatto degli eventi estremi è legato a doppio filo al successo delle politiche climatiche. In altre parole: più aumenta la temperatura del pianeta, più i costi diventano elevati. Si va dall’attuale 0,5% del Pil fino all’8% a fine secolo, in caso di un aumento della temperatura globale superiore ai 4°C (rispetto al periodo preindustriale).
Di fronte a questa situazione, le azioni di adattamento diventano ancora più urgenti. Anche se, avverte Bosello, possono funzionare solo fino a un certo punto: «Se un evento come quello dell’Emilia-Romagna si verifica tre volte all’anno, allora le misure di protezione non bastano. Per questo è fondamentale, insieme all’adattamento, ridurre le emissioni: solo così possiamo abbassare la probabilità che questi eventi si verifichino». Gli esempi virtuosi non mancano, ma spesso sono arrivati solo a tragedia già avvenuta. È il caso del Veneto, che dopo l’alluvione del 2010 ha avviato un piano per la sicurezza dal rischio idraulico, che ha previsto – fra le altre cose – la costruzione di casse d’espansione per i fiumi. «Di esempi di successo ce ne sono – conclude lo scienziato del Cmcc -. Ma sono pochi, estemporanei e soprattutto non sono fatti in modo sistematico».