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Gli affari nucleari miliardari del “filantrocapitalista” Bill Gates sono sbarcati alla Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici, la COP 28, dove è stata firmata una dichiarazione per triplicare l’energia nucleare entro il 2050 (rispetto al 2020), così da raggiungere gli obiettivi di zero emissioni nette. Il magnate è da tempo impegnato nella progettazione di nuovi reattori nucleari per la produzione di energia pulita, attraverso una società che ha fondato nel 2008, Terra Power, la cui prima centrale è stata collocata a Kemmerer, una cittadina del Wyoming con meno di 3mila abitanti. L’obiettivo dell’imprenditore miliardario è quello di “salvare il pianeta” dal riscaldamento globale, promuovendo la transizione energetica, attraverso nuove fonti di energia pulita. Con questo obiettivo, il fondatore di Microsoft non ha esitato a influenzare le politiche governative promuovendo la sua visione sull’energia del futuro alla COP 28. La dichiarazione per incrementare l’energia nucleare è stata firmata, infatti, da ben 22 Paesi, tra cui USA, Gran Bretagna e Francia, dietro pressione esplicita del magnate che parlando ai rappresentanti delle nazioni riuniti a Dubai – dove si è svolta la Conferenza – ha affermato che esistono molte “soluzioni climatiche” promettenti, le quali richiedono però il sostegno necessario da parte dei politici e degli imprenditori. «Ora, dobbiamo prendere ciò che sembra molto promettente e ampliarlo, costruire gli impianti pilota, dimostrarli», ha detto Gates in un’intervista alla CNBC, aggiungendo che «questo richiede politiche governative, richiede l’intervento delle grandi aziende. Tutte queste diverse comunità, che devono riunirsi, sono rappresentate qui».
Il “filantropo” non solo ancora una volta – come nel caso della sanità su cui influisce attraverso le sovvenzioni all’OMS – è riuscito ad influenzare le decisioni politiche promuovendo al tempo stesso i suoi affari e i suoi investimenti, ma la sua società, Terra Power, ha firmato anche un memorandum d’intesa con ENEC, la società nucleare statale degli Emirati Arabi Uniti, per studiare il potenziale sviluppo di reattori avanzati nel Paese arabo e all’estero. «Per gli Emirati Arabi Uniti, stiamo cercando un futuro per gli elettroni e le molecole puliti che saranno portati alla realtà da reattori avanzati», ha affermato Mohamed Al Hammadi, CEO di ENEC, durante la cerimonia della firma. Da parte sua, Chris Levesque, presidente e amministratore delegato di TerraPower, ha affermato che «Portare sul mercato tecnologie nucleari avanzate è fondamentale per raggiungere gli obiettivi globali di decarbonizzazione». Il protocollo d’intesa tra TerraPower e gli Emirati Arabi Uniti prevede l’esplorazione degli usi dei reattori nucleari avanzati, tra cui lo stoccaggio di energia sulla rete e la fornitura di energia necessaria per produrre idrogeno e decarbonizzare gli impianti di carbone, acciaio e alluminio.
Gli Emirati Arabi Uniti attualmente dispongono di una centrale nucleare tradizionale, vicino ad Abu Dhabi, che ha iniziato a produrre elettricità nel 2020. Terra Power, invece, ha in corso un progetto dimostrativo per il suo reattore avanzato Natrium che spera possa entrare in funzione nel 2030. Tuttavia, i reattori al Natrium di TerraPower richiedono un combustibile chiamato uranio ad alto dosaggio o HALEU, il cui principale produttore attualmente è la Russia. Il progetto ha subito ritardi proprio per via delle preoccupazioni sulle forniture di HALEU dopo l’operazione militare russa in Ucraina. La società del magnate ha rivelato all’agenzia britannica Reuters che si aspetta che gli Stati Uniti diventino in grado di produrre il carburate nel prossimo decennio.
I tempi risultano, dunque, ancora lunghi ed è necessario trovare ancora ingenti quantità di denaro per realizzare il progetto: ecco allora che quella lanciata a Dubai risulta la prima piattaforma globale di chiamata per una raccolta fondi che coinvolge Stati e imprese. Lo schema è quello del partenariato tra pubblico e privato che piace tanto ai magnati capitalisti di Davos e della Silicon Valley, tra cui in testa troviamo il fondatore di Microsoft, che ha affermato che le aziende «otterranno l’aiuto dei governi e questi imprenditori si uniranno». Tra le aziende compare ovviamente anche Terra Power: «facilitare la velocità dell’innovazione e la velocità dell’espansione, questa è la mia grande speranza per la COP28», ha affermato Gates.
Tra gli Stati firmatari della dichiarazione sul nucleare compaiono anche Canada, Repubblica Ceca, Bulgaria, Finlandia, Ghana, Ungheria, Giappone, Corea del Sud, Moldavia, Mongolia, Marocco, Olanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ucraina e Emirati Arabi. Russia e Cina, invece, non hanno firmato l’accordo. Anche l’Italia non ha sottoscritto la dichiarazione, in quanto, secondo la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la grande sfida italiana è «il tema della fusione nucleare, che potrebbe essere la soluzione domani di tutti i problemi energetici. Su questa tecnologia l’Italia è più avanti di altri, dobbiamo pensare in grande».
La COP 28 ha comunque eletto l’energia nucleare a energia del futuro: secondo l’inviato speciale americano per il clima John Kerry, «non è possibile arrivare a zero emissioni nel 2050 senza il nucleare», mentre per il presidente francese Macron è una «soluzione indispensabile». Dietro il progetto però c’è lo zampino dei soliti filantropi che riescono a promuovere i loro affari influenzando al contempo le decisioni internazionali e ottenendo fondi governativi. Metà del denaro necessario per la realizzazione della centrale nucleare di Terra Power, ad esempio, è stato investito dal dipartimento dell’Energia americano. Adesso si cercano nuove istituzioni finanziarie, azionisti e governi pronti a finanziare i progetti dei filantrocapitalisti che hanno scelto la COP 28 come principale piattaforma per promuovere i loro investimenti. Il tutto ignorando anche diversi avvertimenti provenienti da gruppi ambientalisti sui pericoli dell’energia atomica.
[di Giorgia Audiello]