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In seguito a lunghi ed articolati negoziati, le istituzioni europee hanno finalmente sancito un accordo che prevede l’inserimento del concetto di ecocidio – ovvero dei crimini a spese di ecosistemi marini e terrestri, alla loro flora e fauna e l’impatto che ne deriva sul clima e le comunità – nel diritto comunitario. Sebbene l’”ecocidio” non sia ancora stato formalmente inquadrato come crimine internazionale, la Commissione Europea, il Consiglio Europeo e l’Europarlamento si sono compattati attorno a un testo che, attraverso un escamotage lessicale e giuridico, apre la via a una puntuale responsabilizzazione degli autori dei crimini ambientali. È stata infatti introdotta un’infrazione definita “qualificata” che, come si legge nel testo, punta a consentire di incriminare i reati più gravi, ovvero “inquinamenti ambientali estesi, incidenti industriali o gravi incendi, che sono ritenuti coperti dalla fattispecie in forma comparabile al crimine di ecocidio come esso è incardinato nel diritto internazionale”.
Lo scorso marzo il Parlamento europeo aveva approvato un primo testo che puntava al riconoscimento del crimine di ecocidio, ma la situazione si è immediatamente impantanata, portando a uno stop dei negoziati. Poi, su spinta della presidenza di turno spagnola in Consiglio, le istituzioni Ue hanno potuto mettere mano a una soluzione di compromesso che ha accontentato gli attori in gioco. Nella sua prima versione, la direttiva era incentrata sul settore dei rifiuti pericolosi, dei materiali radioattivi e del commercio illegali di specie selvatiche, mentre ora il suo ambito di applicazione abbraccia anche altre attività, come l’estrazione dell’acqua, il riciclaggio, l’inquinamento delle navi e la distruzione dell’ozono, la “deforestazione importata” e il commercio di mercurio, non comprendendo però, almeno ad oggi, pesca, esportazione di rifiuti tossici o frodi nel mercato del carbonio. Dalla nuova normativa potranno sfociare pene detentive a 10 anni per persone o rappresentanti di aziende che si macchiano di reati ambientali che portano alla morte e pene ad 8 anni per i reati “qualificati”, mentre altre fattispecie prevedono un limite massimo di 5 anni. A comparire sono anche pesanti multe: le aziende ritenute responsabili di questi reati potrebbero incorrere in sanzioni fino al 5% del loro fatturato a livello globale (sebbene gli Stati Ue avranno la possibilità scegliere un tasso di sanzione compreso tra il 3 e il 5% o comunque optare per multe fisse di 24-40 milioni di euro).
A salutare favorevolmente la concretizzazione dell’accordo è stato il WWF, il cui Ufficio per le Politiche Europee ha elogiato l’“elevata integrità” e l’”ambizione generale” del testo di compromesso finale. «Il reato riconosciuto per i crimini più gravi è molto vicino a quello del comitato internazionale di giuristi sull’ecocidio», ha dichiarato Marie Toussaint – parlamentare verde francese che faceva parte del gruppo negoziale del Parlamento -, che ha indicato nella modifica dello statuto della Corte penale internazionale, in cui gli Stati europei trovano rappresentanza con il 20% dei membri, la prossima mossa da attuare per chiudere il cerchio. Lo scorso anno, un gruppo di lavoro formato da avvocati e legali internazionali riuniti nella coalizione Stop Ecocide International ha messo a punto una definizione giuridica di ecocidio, chiedendo proprio che il reato venga aggiunto ai crimini di cui si occupa la Corte penale internazionale dell’Aja insieme ai crimini di guerra, ai crimini contro l’umanità e ai genocidi.
[di Stefano Baudino]