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Quando è stata l’ultima volta che hai dormito con un gruppo di amici? Forse a quella festa fuori città, al pigiama party del liceo o quest’estate in vacanza. E anche se non ami dormire con altri, magari ti sarà capitato di vedere qualche scena di bambini e bambine che, per imitazione, dormono anche quando ne hanno poca voglia. È proprio questo quello che succede agli animali che vivono in gruppo: non dormono mai da soli. Ma perché? eUn gruppo di scienziati guidato da Pritish Chakravarty del Max Planck Institute di Costanza, in Germania, ha analizzato per la prima volta il sonno come fenomeno collettivo, dimostrando con evidenze innegabili perché dovremmo prestare maggiore attenzione al “lato sociale” del sonno. Per tanti anni, in effetti, la ricerca scientifica ha studiato le fasi di riposo dei diversi animali sociali analizzandone meccanismi, funzioni e neurofisiologia sempre considerando i singoli individui. Con risultati interessanti, ma sempre parziali.
La nuova ricerca, pubblicata su Cell Press il 5 settembre, ha fatto un salto fuori dai laboratori, considerando gli animali sociali nel loro contesto naturale, per studiare non solo quali fossero gli effetti dell’ambiente fisico sulla qualità e le modalità del sonno, ma anche quali fossero le conseguenze dell’ambiente sociale in cui vivono. Secondo gli autori, grazie alle più moderne tecniche di analisi e agli ultimi progressi tecnologici, ha preso vita così una nuova frontiera di ricerca, ancora tutta da scoprire, incentrata sulle dinamiche sociali del sonno.
I benefici del sonno collettivo nel mondo animale
Per quanto ci possa sembrare strano, infatti, gli animali sociali, non solo mammiferi, traggono molti vantaggi dal dormire in gruppo. Ci sono maggiori opportunità di accoppiamento, per esempio, un notevole risparmio energetico, grazie alla termoregolazione sociale, e un più efficace scambio di informazioni. Ma anche una migliore selezione dei siti sicuri, attraverso il processo decisionale collettivo e poi un’importante riduzione del rischio di essere predati, grazie alla presenza di “sentinelle”, cioè individui scelti appositamente per rimanere attivi in difesa degli altri, e all’effetto diluizione (in breve, se ci sono più individui nello stesso luogo, diminuisce la probabilità di ognuno di subire un attacco).
Dimmi come dormi e ti dirò chi sei
Secondo gli ultimi studi, hanno spiegato gli esperti, è sempre più evidente che i fattori sociali svolgono un ruolo fondamentale nella formazione dei modelli di sonno e nel sincronizzare i ritmi sonno-veglia di un individuo con quelli dell’intero gruppo. Molti esempi possono aiutarci a chiarire meglio questo punto. I babbuini olivastri (Papio anubis), per esempio, dormono meno quando le dimensioni del loro gruppo aumentano; i bombi (Bombus terrestris) sopprimono il sonno in presenza della prole e i topi possono sperimentare un sonno in fase Rem sincronizzato quando dormono insieme ad altri. Anche le strategie di accoppiamento influenzano il fenomeno. Tra gli uccelli, i maschi dei piovanelli (Calidris melanotos) sopprimono il sonno per settimane durante la stagione degli amori, come i maschi dei moscerini della frutta (Drosophila melanogaster) che perdono il sonno quando si accoppiano.
Dormire insieme, contro l’esclusione sociale
E non ci sono solo i livelli ormonali a plasmare la qualità del riposo. I ruoli, le gerarchie, il rango di dominanza, o le relazioni interne al gruppo sociale, come affiliazione o parentela, influenzano fortemente i tipi di sonno. Per questo motivo, gli individui di basso rango, meno importanti nel gruppo, possono subire un’esclusione sociale, ritrovandosi in posizioni marginali nel sito di riposo, più esposti a condizioni pericolose, come l’arrivo di un predatore o una maggiore vulnerabilità agli eventi meteorologici e climatici. Anche noi esseri umani siamo compresi in questi meccanismi complessi. È plausibile, infatti, che gli individui che dormono di più e meglio sperimentino benefici cognitivi, come il miglioramento dell’attenzione, della memoria di lavoro e delle prestazioni motorie, che consentono loro di costruire relazioni più forti o di competere in modo più efficace nel gruppo, aumentando così il loro rango di dominanza.
Insomma, trattando il sonno come un fenomeno collettivo, gli esperti hanno iniziato a svelare le funzioni adattative e i compromessi evolutivi del sonno che potrebbero non essere mai stati rivelati dallo studio dei singoli individui.
Sosteniamo che le interazioni svolte durante il periodo di sonno contribuiscono in modo importante, ma largamente trascurato, alle dinamiche sociali di gruppo, e allo stesso modo che i modelli di interazione sociale, il processo decisionale di gruppo e la struttura delle connessioni sociali all’interno dei gruppi animali giocano ruoli importanti, ma poco compresi, nel modellare il comportamento del sonno.
Lo studio, quindi, ha un potenziale entusiasmante per rivelare informazioni inedite sulla scienza del sonno e sulla vita degli animali selvatici. Con uno schema di pensiero innovativo, complesso e difficile da comprendere. E allora, dormiamoci su. Questa volta è proprio il caso di dirlo.