ambiente

La scorsa settimana, il presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, insieme al ministro per i Popoli Indigeni Sonia Guajajara e al ministro della Giustizia e della Pubblica Sicurezza Ricardo Lewandowski, ha firmato i decreti di approvazione di due nuove terre indigene nei territori di Bahia e Mato Grosso. I due nuovi territori, nei quali vivranno membri dei gruppi indigeni Pataxó e Karajá, si estenderanno per circa 35 mila ettari. Diventano così in tutto 10 le terre indigene approvate in circa un anno e mezzo, grazie al lavoro dei due ministeri coinvolti e del FUNAI (Fondazione Nazionale per i Popoli Indigeni). «La protezione dei popoli ancestrali è strettamente legata alla sosteibilità non solo del nostro Paese, ma dell’intero pianeta» ha dichiarato il ministro Lewandowski nel corso della riunione con il CNPI (Consiglio Nazionale per le Politiche Indigene), dove sono stati firmati i decreti. «Sostenere i diritti dei popoli indig...

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Il voto dei ministri dell’Ambiente, riuniti oggi a Bruxelles, mette fine al travagliato iter legislativo della legge più divisiva del Green Deal

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Con 556 voti a favore su un totale di 630, Il Parlamento europeo ha approvato la ratifica del Trattato ONU per la protezione degli oceani, finalizzato alla promozione della conservazione della biodiversità marina nel cosiddetto “alto mare”, ovvero delle acque che si trovano al di là delle giurisdizioni nazionali e che coprono circa la metà dell’intera superficie del pianeta. Secondo quanto stabilito dal diritto comunitario, il Trattato dovrà essere ora ratificato da ogni Stato membro dell’UE. Allo stato attuale, 89 Paesi a livello globale si sono impegnati a firmare il Trattato, ma solo 4 Paesi – Palau, Cile, Belize e Seychelles – lo hanno già fatto. Affinché entri in vigore sono necessarie almeno 60 ratifiche. Come si legge sul portale delle Nazioni Unite, il testo – che consta in tutto di 75 articoli – delinea una “protezione senza confini” degli oceani, puntando a responsabilizzare tutti gli St...

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L’analisi del think tank Ember su come è cambiata la produzione di energia elettrica nei paesi dell’Unione europea negli ultimi cinque anni

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Nell’arco degli ultimi 50 anni, le fuoriuscite di petrolio dalle petroliere in mare sono diminuite di oltre il 90%. Dai picchi degli anni ’70, periodo in cui i casi di grandi perdite di petrolio in mare sono arrivati a verificarsi fino a una volta ogni quasi tre giorni, i problemi relativi ai disastri petroliferi sono infatti diminuiti drasticamente, tanto che nel 2023 si è contato solo un caso di grande fuoriuscita. Il dato del 2023, inoltre, non risulta un mero caso isolato, ma si colloca in una generale tendenza di contenimento del fenomeno che va avanti da decenni e che a partire dalla fine dei primi anni 2000 non ha mai visto il numero delle medie e delle grandi fuoriuscite raggiungere la doppia cifra. Tale risultato è stato reso possibile dalle politiche internazionali e dai progressi scientifici, con i quali si è giunti a una implementazione degli impianti petroliferi e delle navi cargo che ha reso più efficienti i sistemi di trasporto e stoccaggi...

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