Il Brasile ha annunciato la creazione di due nuovi territori indigeni

Lindipendente

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La scorsa settimana, il presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, insieme al ministro per i Popoli Indigeni Sonia Guajajara e al ministro della Giustizia e della Pubblica Sicurezza Ricardo Lewandowski, ha firmato i decreti di approvazione di due nuove terre indigene nei territori di Bahia e Mato Grosso. I due nuovi territori, nei quali vivranno membri dei gruppi indigeni Pataxó e Karajá, si estenderanno per circa 35 mila ettari. Diventano così in tutto 10 le terre indigene approvate in circa un anno e mezzo, grazie al lavoro dei due ministeri coinvolti e del FUNAI (Fondazione Nazionale per i Popoli Indigeni). «La protezione dei popoli ancestrali è strettamente legata alla sosteibilità non solo del nostro Paese, ma dell’intero pianeta» ha dichiarato il ministro Lewandowski nel corso della riunione con il CNPI (Consiglio Nazionale per le Politiche Indigene), dove sono stati firmati i decreti. «Sostenere i diritti dei popoli indigeni significa sostenere i diritti dell’umanità stessa, per lottare contro il cambiamento climatico».

La terra indigena Aldeia Velha si trova a Bahia, nei pressi della città di Porto Segure, e si estende per 1.997,55 ettari. Al suo interno vivono circa 320 famiglie del gruppo indigeno Pataxó. La terra indigena Cacique Fontoura, invece, si trova nel Mato Grosso, tra i comuni di Luciara e São Félixdo Araguaia, e si estende per 32.304,7 ettari. Al suo interno vivono circa 489 persone del gruppo indigeno Karajá. Con l’aggiunta di queste ultime due, ammonta a poco meno di un milione di ettari l’estensione delle terre approvate nel corso dell’ultimo anno. Il risultato è stato raggiunto anche grazie al ruolo svolto nelle negoziazioni dal CNPI, organo abolito cinque anni fa dal governo di Bolsonaro, ma reintrodotto da Lula con un decreto del 2023. L’organo gioca un ruolo fondamentale nel garantire agli indigeni una adeguata partecipazione democratica nell’elaborazione e nella deliberazione delle politiche pubbliche che li riguardano, collaborando con gli enti locali e le istituzioni. A farne parte sono 30 indigeni e 30 rappresentanti di ministeri, agenzie e altri organi (quali per esempio il ministero della Giustizia e quello dell’Ambiente) e quattro associazioni indigene. «Questo consiglio è più importante di una commissione. Siete voi a guidare il governo nelle decisioni politiche per i popoli indigeni che metteremo in pratica in questo Paese» ha dichiarato Lula, nel corso dell’incontro. Le terre da approvare, ha poi specificato il presidente, sarebbero state in totale sei, ma per quattro di esse rimangono controversie da risolvere legate all’occupazione dei territori da parte di altre persone. A tal proposito, Lula ha riferito che sono in corso colloqui con i governatori locali, per trovare al più presto soluzioni adeguate.

L’istituzione di due nuove terre indigene, oltre a quelle già creato nel corso dello scorso anno, è solo l’ultima delle iniziative del governo Lula per tutelare l’ambiente e i diritti dei popoli nativi. Grazie alle iniziative intraprese, la deforestazione dell’Amazzonia brasiliana ha drasticamente rallentato il proprio avanzare, con la protezione delle foreste abitate dalle popolazioni indigene e il contrasto alle attività di frodo, interrotto durante l’epoca di Bolsonaro. In numerosi territori è inoltre iniziato, alla fine dello scorso anno, lo sfratto di migliaia di persone non indigene da alcuni territori dell’Amazzonia, al fine di restituire le terre ai popoli originari e tutelarle dallo scempio e dallo sfruttamento. Sebbene una netta inversione di tendenza nel disboscamento dell’Amazzonia sia un risultato ancora lontano, e nonostante lo stesso Lula sia stato duramente criticato per alcuni progetti controversi da lui voluti (quali la cosiddetta “ferrovia della soia”), il Brasile sta dimostrando al mondo che con un minimo di volontà politica si possono attuare grandi cambiamenti nella tutela dell’ambiente, dei diritti e del pianeta.

[di Valeria Casolaro]

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