La Sardegna si ribella alla speculazione energetica: no a nuovi parchi fotovoltaici

Lindipendente

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La giunta regionale della Sardegna, presieduta dalla neo governatrice Alessandra Todde, ha approvato lunedì il disegno di legge “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali”, che introduce il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che causano direttamente nuova occupazione di suolo per 18 mesi. Nel testo viene infatti precisato che l’articolo 9 della Costituzione prevede che la Repubblica, e dunque anche le Regioni, siano chiamate ad adoperarsi al fine di garantire la salvaguardia e la tutela dell’ambiente e del paesaggio. Da anni cittadini e network di associazioni sarde si stanno mobilitando contro l’assalto delle multinazionali al territorio dell’isola, i cui Comuni sono stati inondati da richieste di autorizzazione per la realizzazione di pale eoliche e nuovi impianti fotovoltaici. Una battaglia che, nelle ultime settimane, è tornata a intensificarsi, con il fioccare di petizioni e iniziative sul territorio.

Nello specifico, il testo del disegno di legge sancisce il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili “soggetti a concessione o autorizzazione non ancora concessi o autorizzati, sia nel caso in cui, al momento dell’approvazione del disegno di legge, siano ancora in corso le procedure autorizzative o di concessione”. All’interno della delibera viene scritto nero su bianco come “l’urgenza” del disegno di legge risieda “proprio nella inderogabile necessità, per la Regione Sardegna, di potere programmare l’utilizzo e il consumo del suolo“, con l’obiettivo di “scongiurare l’irreversibilità dei potenziali impatti derivanti dall’installazione, costruzione, realizzazione o avviamento di nuovi ovvero ulteriori impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”. Dalla moratoria rimangono esclusi “gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili finalizzati all’autoconsumo”, e “quelli ricompresi nelle comunità energetiche”.

«Non c’è nessun intento punitivo nei confronti della transizione ecologica che, ricordo, deve avvenire – ha dichiarato la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde -. La questione è che noi dobbiamo decidere del nostro territorio, dove fare gli impianti, dove dislocarli e come questi impianti devono essere utili rispetto al Piano energetico regionale». «Noi abbiamo un consumo di 1,5 gigawatt annui; il Tyrrhenian Link ne trasporta 3 e noi abbiamo richieste per più di 58 gigawatt, quindi il tema è veramente preoccupante. Si tratta di un’occupazione fuori misura – ha spiegato la governatrice -. Quindi, noi vogliamo ovviamente rispettare le norme europee, vogliamo metterci nel contesto in cui questi impianti devono servire all’industria e ai cittadini». Il provvedimento dovrà essere vagliato dal Consiglio regionale. Intanto, la giunta ha già annunciato di essere intenzionata a modificare il piano paesaggistico regionale al fine di delimitare le aree idonee alla costruzione degli impianti. Secondo Todde c’è infatti «un far west con un vuoto normativo», conseguenza anche dall’«inerzia della Regione» negli ultimi anni. Ad applaudire all’approvazione della delibera è stata l’associazione per la tutela dell’ambiente e del patrimonio storico e artistico Italia Nostra Sardegna, che l’ha definita «un segnale incoraggiante e una decisa svolta rispetto all’inerzia fin qui dimostrata dalla politica isolana» per arginare «l’aggressione che sta ricoprendo l’intera Sardegna e il suo mare di devastanti impianti di produzione elettrica», chiedendo «il coinvolgimento delle comunità, comitati e associazioni», ovvero «quella società civile finora esclusa dai processi decisionali e lasciata ai margini della politica attiva» per il «completamento del Piano Paesaggistico Regionale per le aree interne».

Nel frattempo, mentre negli ultimi giorni è emerso che la più grande fabbrica di pannelli fotovoltaici della Repubblica Popolare cinese, la Chint, si è accaparrata dall’azienda spagnola spagnola Enersid il più importante progetto solare mai concepito a livello europeo, allungando i suoi tentacoli su mille ettari di terreni nel nord della Sardegna, associazioni e comitati continuano a mobilitarsi. Le ultime iniziative a essere annunciata sono due assemblee popolari per discutere sulle minacce che incombono sul territorio sardo: la prima, organizzata da A Foras Nodo territoriale Centro Sardegna, è stata fissata alle ore 18 di domani, sabato 4 maggio, presso la piazza Su Cuzone a Nuoro; la seconda andrà in scena domenica 5 maggio alle ore 10 presso la spiaggia di Abarossa di Oristano, mentre nel pomeriggio si svolgerà un sopralluogo nel porto della città, dove da giorni sono state scaricate decine di pale eoliche.

Il 29 aprile è stata inoltre lanciata una petizione dal titolo “Sì all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica!”, in cui si sottolinea come sia sacrosanto scegliere la via dell’abbandono delle tradizionali fonti fossili di produzione energetica, ma che ciò non debba comportare, anche sulla base degli incentivi del PNRR “una disastrosa speculazione energetica ai danni dell’ambiente, del paesaggio, dei suoli agricoli, dei contesti economico-sociali locali, della stessa identità storico-culturale di tanti luoghi d’Italia, come purtroppo sta accadendo in questi ultimi tempi”. Per questo, ritenendo che debba essere lo Stato a delineare le aree idonee in cui installare gli impianti e a mettere a bando gara i siti individuati “dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica”, si chiede direttamente al governo che venga adottato “un provvedimento di moratoria nazionale che sospenda qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili” in attesa di una “necessaria pianificazione condivisa”.

[di Stefano Baudino]

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