Smog in Pianura Padana, parla Fedrighini, l’uomo dietro la prima procedura d’infrazione Ue contro l’Italia: «Dopo 20 anni nulla è cambiato»

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Il reclamo presentato nel 2005 da Fedrighini, oggi consigliere comunale, convinse Bruxelles ad aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia: «A Milano non respiriamo aria sana e il mio reclamo è stato il primo a certificarlo»

Primavera 2005. Una foto satellitare mostra la Lombardia coperta da una fitta coltre di smog. Le emissioni di particolato atmosferico – PM10 e PM2.5 – hanno raggiunto livelli ben oltre quelli consentiti per legge e tra i cittadini cresce l’allerta per i rischi che l’esposizione così prolungata alle polveri sottili può avere sulla salute. Tra loro c’è anche Enrico Fedrighini, che decide di fare un reclamo alla Commissione Europea per il mancato rispetto dei limiti Ue previsti dalla direttiva sulla qualità dell’aria. «Sono stato il primo cittadino italiano di sempre ad avviare questa procedura per questioni legate all’inquinamento», racconta a Open Fedrighini, che oggi fa il consigliere comunale a Milano e ha alle spalle un master all’Università di Pavia in «Valutazione e controllo del rischio tossicologico da inquinanti ambientali». Cinque anni più tardi, nel 2010, il suo reclamo viene accolto: Bruxelles apre una procedura d’infrazione contro l’Italia, che nel 2022 viene condannata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per il «sistematico superamento del valore limite del biossido d’azoto». La mossa di Fedrighini nasceva dalla volontà di sbloccare anni di inerzia sul fronte delle politiche ambientali, sia al comune di Milano che in Regione Lombardia. Eppure, a quasi vent’anni dalla presentazione di quel reclamo, l’inquinamento atmosferico in Pianura Padana resta un’emergenza sanitaria.

Come è nata la decisione di presentare quel reclamo alla Commissione Europea?

«Nel 2005 non facevo il consigliere comunale, ero un semplice cittadino. Il mio obiettivo era mettere in mora le amministrazioni locali rispetto al problema dell’inquinamento. Di fronte ai dati di quelle settimane, l’unica reazione del sindaco di Milano Gabriele Albertini fu di consigliare alle famiglie di “portare i bambini in campagna”, mentre il presidente di Regione Roberto Formigoni dava la colpa ai forni a legna delle pizzerie. A Milano non respiriamo aria sana e il mio reclamo è stato il primo a certificarlo. Sono andato all’ufficio di Corso Magenta, dove c’è la sede della Commissione Europea, e ho chiesto informazioni su come presentare il reclamo. Ricordo ancora il panico al comune quando uscì per la prima volta la notizia sulle pagine dei giornali».

Nel 2010, cinque anni più tardi, il suo reclamo è stato accolto. Cosa le hanno risposto?

«Il reclamo è stato accettato ed è stata avviata una procedura d’infrazione contro l’Italia, la stessa che nel 2022 ha portato alla condanna da parte della Corte di Giustizie Ue. Questo dimostra che il mio reclamo era giustificato e ben motivato. L’Italia ora rischia di dover pagare una multa di oltre un miliardo di euro per quell’infrazione. Tutti soldi che potevano essere spesi per potenziare il trasporto pubblico e iniziare a risolvere il problema dell’inquinamento. So perfettamente che la mia azione non è stata risolutiva, ma era un passaggio che andava fatto».

A quasi 20 anni da quel reclamo, lo smog in Pianura Padana resta un’emergenza. Eppure, tra comune di Milano e Regione Lombardia volano gli stracci. Chi ha più responsabilità?

«I rimpalli di accuse a cui abbiamo assistito in questi giorni sono uno spettacolo penoso. Senz’altro Regione Lombardia ha una responsabilità enorme per questo problema, a partire dalla gestione di Trenord, che è diventata a tutti gli effetti un’agenzia di rimborsi per i continui ritardi dei suoi treni. Spiace dirlo, ma ad oggi il modo in cui funziona Trenord è un costante incentivo all’uso dell’auto privata, che pure rappresenta una delle prime fonti di sostanze inquinanti se si considera solo la città di Milano».

E le responsabilità del Comune?

«Milano non può usare l’inerzia di Regione Lombardia come un alibi. È una città che ha gli strumenti per agire ma che ancora non fa abbastanza. Vedo poco coraggio da parte dell’amministrazione nel prendere misure legate a liberare spazio pubblico e ridurre il traffico privato. Soluzioni come Area B e Area C possono essere utili, ma non se vengono implementate solo per costringere i cittadini a cambiare auto. Così si fanno felici solo i concessionari auto».

L’intesa raggiunta nei giorni scorsi dalle istituzioni Ue sulla qualità dell’aria prevede una deroga di 10 anni per la Pianura Padana per il rispetto dei nuovi vincoli. Cosa ne pensa?

«Credo che la concessione di deroghe andrebbe vincolata a un piano serio e rigoroso di misure per potenziare il trasporto pubblico. Altrimenti a cosa servono questi dieci anni in più che ci sono stati concessi? A fare la danza della pioggia?».

La nuova direttiva potrebbe anche riconoscere il diritto dei cittadini a fare causa alle istituzioni che non rispettano i nuovi criteri sulla qualità dell’aria.

«È uno strumento utilissimo. Il reclamo che ho presentato io nel 2005 ha fatto da apripista, convincendo tante associazioni e tanti cittadini a fare pressione sulle istituzioni e spingere affinché le cose possano cambiare. In fin dei conti, è proprio questo che ho cercato di dire con il mio reclamo: se si fissano dei limiti per legge, quei limiti poi vanno rispettati. Altrimenti è tutto inutile».

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