Ponte sullo Stretto, uno studio dimostra che faglie attive allontanano Calabria e Sicilia

Lindipendente

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Calabria e Sicilia si stanno progressivamente allontanando a causa di un sistema di faglie presenti nel fondale dello Ionio Meridionale, che stanno facendo sprofondare lentamente la crosta terrestre al largo dello Stretto. È quanto emerge dai primi risultati di uno studio effettuato dai membri del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), condotto sulla nave oceanografica Gaia Blu, in cui sono state individuate larghissime spaccature sul fondale marino di una delle zone sismiche più attive del continente europeo. La ricerca, che ha la finalità di aumentare le conoscenze sui processi geologici nello Ionio meridionale, è stata svolta al largo dello Ionio tra Etna e Grecia. Nonostante la zona sia distante dallo Stretto, l’attestazione del movimento di allontanamento tra i blocchi crostali sta già producendo significative ripercussioni sul dibattito pubblico in merito alla sicurezza e alla sostenibilità del Ponte sullo Stretto di Messina, i cui lavori – almeno secondo gli intendimenti del governo – dovrebbero partire nei prossimi mesi. La società Stretto di Messina SPA, concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del Ponte, ha reagito minimizzando i risultati dello studio e confermando le previsioni del progetto definitivo dell’opera.

Come si legge in un comunicato diramato dal Cnr, che ha illustrato quanto appreso nel corso della ricerca, «utilizzando tecnologie geofisiche all’avanguardia» è stato «identificato un campo di rilievi sottomarini allineati lungo profonde spaccature del fondale dello Ionio meridionale, dove un sistema di faglie sta progressivamente allontanando la Calabria dalla Sicilia». Si tratta, nello specifico, di «diapiri», ovvero «sedimenti che risalgono da zone profonde, visibili solo con ecografie del sottosuolo», ma anche di «vulcani di fango» che si formano «quando materiale profondo risale verso la superficie insieme a fluidi e gas», originando in certi casi «delle vere e proprie eruzioni fluide e viscose». Le immagini hanno evidenziato nitidamente le morfologie di tali rilievi, che «mostrano indicazioni di attività eruttiva e tettonica recente». L’obiettivo degli studiosi sarà ora quello di «approfondire la natura e la provenienza del materiale che risale lungo queste grandi faglie litosferiche», cercando di comprendere «come queste influiscano sulla generazione di terremoti in una delle zone sismicamente più attive in Europa». Alla discussione che è seguita alla pubblicazione dei primi risultati dello studio ha subito reagito la Stretto di Messina SPA, che in una nota ha scritto che «l’individuazione delle formazioni geologiche citate non è rilevante ai fini della fattibilità del ponte sullo Stretto di Messina», essendo «noto» che «le coste siciliana e calabrese sono soggette ad un seppur minimo allontanamento ampiamente considerato nel progetto definitivo del 2011 e nel suo aggiornamento del 2024». La società ha confermato le previsioni del Progetto Definitivo, evidenziando che «il movimento differenziale tra i due siti scelti per i piloni (Calabria-Sicilia) è inferiore a 1 mm/anno».

Sembra però presto per tirare conclusioni. I campioni di sedimento e rocce prelevati dai ricercatori del Cnr saranno esaminati dagli studiosi nei prossimi mesi. Solo tra qualche tempo si capirà se ulteriori elementi verranno aggiunti al novero di raccomandazioni già effettuate dai tecnici del comitato scientifico che, pur dando parere positivo alla relazione di aggiornamento, lo scorso marzo avevano avanzato 68 rilievi. Oltre alla necessità di mettere mano a ulteriori verifiche sugli effetti del vento, a un aggiornamento della “zonizzazione microsismica” e a raccomandazioni sugli acciai con cui si realizzeranno i tiranti, spiccavano infatti osservazioni sulla “geologia dei fondali marini”, rispetto a cui è stata ritenuta necessaria una «integrazione degli studi più recenti sui fondali marini dello Stretto di Messina e delle zone limitrofe» in considerazione di «recenti studi su fagliazione, depositi e forme possibili indicatori di attività tettonica recente». Nell’ultimo anno, il progetto definitivo del 2011 da cui l’esecutivo ha scelto di ripartire è stato aggiornato dal consorzio Eurolink, che nel 2005 aveva vinto la gara d’appalto per i lavori. Nel frattempo, il costo complessivo per la realizzazione dell’opera è lievitato fino a 14,5 miliardi di euro.

[di Stefano Baudino]

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