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- I tifosi israeliani in trasferta ad Amsterdam hanno compiuto aggressioni, strappato bandiere e intonato cori per il genocidio.
- Elementi della comunità locale hanno risposto con inseguimenti, identificazioni e pestaggi, con un bilancio di sei feriti.
- Non sono emerse prove della natura antisemita dei pestaggi, nonostante la narrativa unilaterale di media e politica.
Giovedì 8 novembre ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, ci sono state violenze in occasione della partita di calcio Ajax-Maccabi Tel Aviv. Dopo che nei giorni precedenti i tifosi israeliani avevano strappato bandiere palestinesi dalle case, compiuto alcune aggressioni e cantato cori di incitamento al genocidio nella Striscia di Gaza, gruppi di ultras locali e di cittadini hanno compiuto una serie di imboscate contro gli ultras del Maccabi, causando cinque feriti.
La gran parte della politica e della stampa italiana e internazionale hanno raccontato le violenze scomodando termini come “pogrom”, “ronde antisemite” e “caccia all’ebreo”. Una strumentalizzazione della storia che non ha tenuto conto del contesto in cui le violenze sono avvenute e della connotazione politico-identitaria estremista degli ultras del Maccabi Tel Aviv.
Ad alcuni giorni di distanza, nessuna prova è emersa che si sia trattato di una violenza antisemita.
Cosa hanno fatto gli ultras israeliani
L’8 novembre ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, è andata in scena la partita di calcio di Europa League Ajax-Maccabi Tel Aviv. Già dal giorno precedente circa 3mila ultras della squadra israeliana erano arrivati in città, rendendosi protagonisti di una serie di episodi di sfida e provocazione.
Dei video mostrano alcuni supporter del Maccabi arrampicarsi su alcune casa per strappare bandiere della Palestina. Un’altra bandiera è stata data alle fiamme in Piazza Dam, mentre gli ultras hanno anche assaltato alcuni taxi, aggredendo il conducente musulmano di uno di questi. Sfilando per la città e all’ingresso dello stadio, la tifoseria israeliana ha poi intonato cori contro la Palestina come “Israele distruggerà gli arabi” e “Non ci sono più scuole a Gaza perché non restano più bambini”, replicati anche nel weekend una volta atterrati all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Gli ultras israeliani hanno poi fischiato durante il minuto di silenzio dedicato alle vittime dell’alluvione di Valencia, per il sostegno spagnolo alla causa palestinese.
Gli ultras del Maccabi Tel Aviv non sono nuovi a episodi violenti di questo tipo. Nel marzo scorso, in occasione della sfida contro l’Olympiakos, era diventato virale il video girato ad Atene di un’aggressione brutale da parte della tifoseria israeliana ai danni di una persona che indossava la kefiah, simbolo palestinese. Come sottolinea Valerio Moggia, giornalista esperto di cultura calcistica, il gruppo ultras del Maccabi Tel Aviv si chiama Maccabi Fanatics e si colloca nello spettro dell’estremismo di destra. Negli anni scorsi in patria si sono resi protagonisti di aggressioni ai cortei contro il governo Netanyahu, insulti razzisti contro propri stessi giocatori di origine araba e contro i rifugiati arabi, al punto da ostacolare la campagna di donazioni dell’Uefa.
L’aggressione agli ultras israeliani
Dopo i vandalismi e le violenze degli ultras del Maccabi Tel Aviv nelle ore precedenti alla partita di Amsterdam, parte della comunità locale si è mobilitata. Un gruppo di taxisti di origine araba si sono dati appuntamenti fuori a un bar dove si trovava qualche centinaio di tifosi israeliani, mentre le associazioni pro-Palestina hanno indetto una manifestazione fuori allo stadio, dopo che già da giorni c’era chi chiedeva di annullare la partita per mandare un messaggio forte contro il genocidio in corso nella Striscia di Gaza.
La sindaca di Amsterdam, Femke Halsema, ha fatto spostare la manifestazione in un luogo distante dallo stadio, per evitare che potessero esserci scontri e anche nel contesto della partita non sono stati registrati scontri tra la tifoseria del Maccabi Tel Aviv e quella dell’Ajax, che peraltro ha una componente di religione ebraica.
La situazione però è precipitata nel corso della notte. Gruppi di giovani, spesso anche minorenni, hanno dato l’assalto a ultras del Maccabi che giravano per Amsterdam. Tra inseguimenti e richieste di mostrare i documenti per verificare l’identità e dunque l’eventuale affiliazione al Maccabi Tel Aviv, questi gruppi di persone hanno compiuto brutali pestaggi che si sono conclusi con un bilancio di cinque feriti ospedalizzati tra gli israeliani, altri feriti più lievi e decine di arresti tra i presunti aggressori per vandalismo e disturbo dell’ordine pubblico, molti dei quali rilasciati. Da alcuni video si sentono gli aggressori urlare “Questo è per la Palestina” o intimare agli ultras israeliani di gridare cose come “Palestina libera”.
Com’è stata raccontata la vicenda
Venerdì 9 novembre, nelle ore successive alla violenze di Amsterdam, la gran parte dei giornali e della politica italiana e internazionale hanno raccontato di una “caccia all’ebreo” in giro per Amsterdam spingendosi fino a scomodare la parola “pogrom” e la Notte dei cristalli.
I pogrom sono le violenze antisemite occorse in Russia nell’Ottocento, e poi estese alla Germania nazista negli anni Trenta. La Notte dei cristalli è forse l’episodio più brutale in proposito, un assalto popolare nei confronti di negozi, sinagoghe, scuole e abitazioni di ebrei avvenuta nel 1938 in Germania e che si concluse con l’uccisione di centinaia se non migliaia di persone.
Il linguaggio molto forte dei media è stato accompagnato da quello molto forte delle istituzioni, che hanno anche contribuito a dipingere un quadro molto più grave di quello che poi si è rivelato essere. Mentre i media evocavano l’inizio di una nuova stagione di “pogrom”, il premier israeliano Benjamin Netanyahu inviava due aerei speciali di soccorso per recuperare e mettere in salvo i tifosi israeliani ad Amsterdam, le autorità dei Paesi Bassi diffondevano notizie poi smentite di “tifosi presi in ostaggio” o dispersi e di un vero e proprio bagno di sangue, poi ridimensionato a cinque feriti totali.
La società del Maccabi Tel Aviv ha chiesto ai suoi tifosi di non esporre simboli che li rendessero riconoscibili come ebrei mentre il primo ministro dei Paesi Bassi, Dick Schoof, ha detto di essere “inorridito dagli attacchi antisemiti ai cittadini israeliani”, così come ribadito dalla sindaca di Amsterdam, che ha vietato le manifestazioni in città per tutto il weekend per motivi di sicurezza. In Italia la premier Giorgia Meloni ha lanciato l’allarme per un “antisemitismo dilagante”, una linea e una terminologia condivisa in modo bipartisan dalla politica nostrana. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha parlato di un ritorno dei tempi bui di “persecuzione degli ebrei”.
Nessun pogrom
Ad Amsterdam non c’è stato alcun pogrom. Quella a cui abbiamo assistito, ancora una volta, è una narrazione unilaterale da parte di gran parte dei media e delle istituzioni politiche, che hanno parlato delle violenze ai danni dei tifosi israeliani senza raccontare il contesto in cui esse sono avvenute.
Le aggressioni sono avvenute in un contesto infuocato, che era diventato tale per gli atti di cui si erano resi protagonisti gli ultras del Maccabi Tel Aviv nelle ore precedenti al match. Per quanto non sia da escludere che in isolate occasioni ci possano essere stati insulti antisemiti (di cui non sono comunque al momento presenti prove , a differenza degli insulti anti-arabi da parte degli ultras israeliani, di cui ci sono i video), quanto successo va inserito nella cornice del conflitto politico-identitario, e non di quello della “caccia all’ebreo” che rievoca tempi bui della storia dell’Ottocento e del Novecento.
Ad Amsterdam si è consumata in piccolo la contrapposizione tra chi sostiene quanto sta facendo Israele nella Striscia di Gaza e chi in modi più o meno violenti si oppone a tutto questo. All’azione degli ultras israeliani fatta di bandiere strappate, aggressioni e cori islamofobi è seguita la reazione di una parte della comunità locale, probabilmente esterna al mondo del tifo, che ha voluto punire quegli ultras come simbolo del genocidio in corso. Un attacco agli ultras in quanto israeliani sostenitori dell’offensiva su Gaza e non in quanto ebrei, come mostrano anche i video in cui gli aggressori obbligano gli aggrediti a dire cose come “Palestina libera”.
Se questo è come sono andate le cose per gli elementi che sono emersi finora, occorre tornare nuovamente sul linguaggio adoperato dalla gran parte dei media e della politica per descriverle. L’abuso di termini come “antisemitismo”, “pogrom” fino ai titoli in prima pagina sulla nuova Notte dei cristalli non solo sono un insulto a chi è o è stato veramente vittima di vicende di quel tipo, ma rischiano anche di svuotare di valore quelle parole così importanti dal punto di visto storico. Come sottolinea lo storico Enzo Traverso in Gaza davanti alla storia (Editori Laterza, 2024), “combattere l’antisemitismo diventerà sempre più difficile dopo averne sfigurato e distorto la natura così sfacciatamente. Il rischio banalizzazione è molto concreto”.