Crisi climatica, arrestare attivisti pacifici che lottano per il loro e il nostro futuro è un sacrilegio

ValigiaBlu

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“COP28: i governi parlano, la terra affonda”. È lo slogan utilizzato da Extinction Rebellion, il 9 dicembre, quando gli attivisti hanno messo in scena un'azione di protesta nonviolenta coordinata in cinque città. Subito sono seguiti gli arresti: 28, nello specifico, con le accuse di interruzione di pubblico servizio, violenza privata, manifestazione non autorizzata e sversamento di sostanze pericolose. A cinque persone è stato notificato un foglio di via di 4 anni - che prevede di non poter tornare nel comune da cui si viene allontanati - e ad altre tre un Daspo urbano di 48 ore - una sanzione amministrativa con ordine di allontanamento. A essere stato fermato e poi accusato è stato anche l’ufficio stampa del gruppo.

È solo l’ultimo atto di una progressiva tendenza alla criminalizzazione del dissenso a cui si sta assistendo negli ultimi anni, e che sta colpendo in particolare gli attivisti per il clima. La criminalizzazione avviene anche quando si tratta di proteste nonviolente, ed è stato così anche in questo caso: sì, perché quello che i giornali hanno definito “blitz ambientalista” per denunciare il fallimento politico della COP28 e dei governi mondiali nel contrastare la crisi climatica è consistito nello sversamento in acqua di fluoresceina, una sostanza innocua, che non danneggia la flora né la fauna e che scompare in poche ore. Contemporaneamente, il fiume Po a Torino, il Tevere a Roma, il canale del Reno a Bologna, il naviglio a Milano e il Canal Grande di Venezia si sono tinti di verde. È stato a Venezia che sono avvenuti gli arresti, dopo che il 7 dicembre gli attivisti di Ultima Generazione avevano lanciato fango liquido misto a cioccolato contro la Basilica di San Marco.

Tra le persone denunciate c’era una musicista che ha preso parte all’azione suonando il contrabbasso sulle note di My heart will go on, la colonna sonora del Titanic. “Essere arrestati perché si manifesta è sempre un controsenso, ma esserlo quando lo si fa in modo pacifico per una causa che riguarda il futuro e il bene di tutta l’umanità è un sacrilegio”, ha scritto la giornalista Marisandra Lizzi, che è anche la madre della contrabbassista. “Davvero vogliamo arrestare dei giovani che lottano per avere un futuro, che manifestano pacificamente per dare a noi e alle generazioni future la possibilità di vivere senza vedere il mondo affondare? Genitori di tutto il mondo, uniamoci”

Per difendere la libertà di manifestazione degli attivisti per il clima, l’11 dicembre il comitato Torino Respira ha lanciato sulla piattaforma Change.org una petizione che ha già ottenuto oltre 400 firme tra cui quelle di scienziati, giornalisti, attivisti. “Da anni i movimenti per il clima portano avanti le loro manifestazioni in modo pacifico e nonviolento, utilizzando i loro corpi e la loro intelligenza per portare il loro messaggio a quante più persone possibili con i mezzi a loro disposizione”, si legge nella petizione. “In modo crescente però le forze dell’ordine reagiscono a queste manifestazioni in modo sproporzionato rispetto alla gravità degli atti compiuti, utilizzando strumenti pensati per contrastare fenomeni criminali che nulla hanno a che fare con le intenzioni di chi protesta e con la natura e le conseguenze dei loro atti”.

E infatti, l’ultimo episodio risale solo a pochi giorni fa. Il 4 dicembre, a Roma 12 attivisti di Ultima Generazione sono stati arrestati e hanno trascorso tre giorni in carcere per un blocco stradale lungo l’autostrada A12 Roma – Civitavecchia. Per loro è caduta l'iniziale accusa di attentato alla sicurezza dei trasporti, ma resta quella di violenza privata. “Ma quale violenza?”, si chiede il geologo Mario Tozzi, che era presente. “Io ho visto solo resistenza passiva da parte degli attivisti, una modalità che viene utilizzata tradizionalmente in questo genere di proteste. Il blocco stradale può non essere condivisibile, sicuramente fastidioso, ma non è violento”.

Il presupposto da cui bisogna partire è che “la nonviolenza non è necessariamente gentile”, come scriveva su Valigia Blu Roberta Covelli. La disobbedienza civile “non è un pranzo di gala, la ribellione non segue le regole del bon ton. Pretendere che la protesta sia beneducata può perfino tradursi in una forma di violenza, perché la richiesta di modalità di mobilitazione che non disturbino nessuno sottintende spesso un’incapacità di concepire il dissenso e di affrontare il conflitto”.

Mentre gli attivisti per il clima continuano a subire arresti, a Roma è iniziato il processo contro i tre membri di Ultima generazione che a gennaio 2023 avevano lanciato vernice lavabile contro la sede del Senato. I tre, appena ventenni, rischiano fino a cinque anni di carcere con l’accusa di danneggiamento aggravato, considerata più pesante rispetto al reato di “deturpamento e imbrattamento di cose altrui”: l’aggravante, introdotta con il secondo decreto sicurezza approvato nel 2019 dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, è stata applicata nonostante le mura dell’edificio siano tornate pulite nel giro di poche ore.

"È ignobile che questo Governo scelga di chiudere in carcere delle persone che, attraverso il sacrosanto diritto costituzionale di manifestare, chiedono sicurezza e prevenzione per la più grande crisi dei nostri tempi”, si legge in una nota di Ultima Generazione. “La gravità e l'urgenza della crisi eco-climatica vengono continuamente occultate da un status quo mediatico, politico ed economico a cui conviene nascondere la situazione”.

Negli ultimi anni si sta assistendo a una tendenza alla criminalizzazione delle manifestazioni, anche quelle pacifiche: da ultimo il 12 luglio il Senato ha approvato un disegno di legge contro gli “eco-vandali”, proposto dal ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, per punire con pene più severe danneggiamento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali e paesaggistici. Il ddl, che deve ancora passare alla Camera, prevede, in aggiunta alle sanzioni penali, un’autonoma sanzione amministrativa irrogata dal prefetto per una somma tra i 20mila e i 60mila euro. Pochi mesi prima, a fine 2022, era già stato convertito in legge il cosiddetto decreto “anti-rave”. E prima ancora c’erano stati i decreti sicurezza di Salvini, che oltre ad aver aggravato il reato di danneggiamento, hanno reintrodotto il reato di blocco stradale.

La stessa linea era stata seguita anche dal centrosinistra: i “decreti Minniti” del 2017 hanno introdotto il cosiddetto “Daspo urbano”, consentendo a sindaci e prefetti di proibire l’accesso a certe aree delle città a soggetti ritenuti pericolosi. Ma il problema non è solo italiano: nel 2022 i gruppi ambientalisti sono stati presi di mira in tutta Europa, con migliaia di attivisti per il clima arrestati per aver manifestato pacificamente la propria idea.

Immagine in anteprima: frame video ANSA

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