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Alcuni scienziati dell’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM), in collaborazione con degli agricoltori locali, stanno promuovendo un programma di ripristino delle chinampas dell’area umida di Xochimilco, a sud di Città del Messico. Le chinampas sono delle piccole isole artificiali create dagli Aztechi, una sorta di fattorie galleggianti che rivestono un ruolo fondamentale nell’identità di Xochimilco, una zona di laghi e paludi sopravvissuta all’urbanizzazione e all’espansione dell’agricoltura industriale. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di conservare il sistema delle chinampas e tutti gli esseri viventi che ne dipendono. Un sistema che, nel 1987, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO proprio per l’importanza culturale e il valore ecologico che esso riveste.
Le chinampas, una volta usate solo per coltivare ortaggi e verdure a foglia, risultano ora in gran parte abbandonate o trasformate, ad esempio, in campi da calcio e ristoranti. Nel 2018, dati della FAO rivelarono che solo il 17% delle 20.922 chinampas era ancora coltivato in modo tradizionale. Il resto era stato abbandonato o convertito. Inevitabilmente, la trasformazione delle chinampas ha portato anche a cambiamenti nella biodiversità locale, mettendo a rischio specie come l’assolotto, un’iconica salamandra di Xochimilco. Secondo uno studio del 2015, la densità degli assolotti è scesa da 6.000 per chilometro quadrato nel 1998 a soli 100 per chilometro quadrato nel 2008. In 10 anni, una diminuzione del 98%, e il declino continua. Per invertire la tendenza, il Laboratorio di Restauro Ecologico dell’UNAM, insieme ai coltivatori locali, sta quindi lavorando per ripristinare l’area. La loro strategia include la riduzione delle specie invasive come carpe e tilapie, il monitoraggio ambientale e la creazione di “rifugi ecologici”. Il progetto, in particolare, prevede la riabilitazione delle chinampas e dei canali secondari, utilizzando piante acquatiche come biofiltri per migliorare la qualità dell’acqua. Questo approccio non solo protegge l’assolotto, ma ripristina anche l’intero ecosistema. A partire dal 2008, sono stati creati dei rifugi ecologici, ovvero chinampas protette da strutture che impediscono l’ingresso di specie invasive e stabilizzate con alberi di salice. Questi rifugi offrono un habitat sicuro dove specie come l’assolotto possono completare il loro ciclo vitale lontano dai predatori e dall’acqua inquinata. L’obiettivo a lungo termine è quello di trasformare almeno 400 chinampas nei prossimi 15 anni.
Questo richiede però anche volontà politica e collaborazione con i governi. Attualmente, nonostante l’origine decennale del progetto, solo 40 chinampas sono state riabilitate. La nota positiva è che i benefici sono già evidenti. Basilio Rodríguez, uno degli agricoltori inclusi nell’iniziativa, ha ripristinato il suolo rimuovendo il sedimento e stabilizzando l’isola. Ed oggi, la sua chinampa è un esempio di come l’agricoltura sostenibile possa coesistere con la conservazione ambientale. La riabilitazione delle chinampas, infatti, non solo migliora la qualità dell’acqua e aumenta la resa agricola, ma promuove anche una maggiore biodiversità e un ecosistema più sano, nonché fornisce protezione contro i cambiamenti climatici. In generale, le zone umide come Xochimilco sono ecosistemi strategici per mitigare gli effetti della crisi ecologica. Ciò è dovuto principalmente all’importante ruolo che svolgono in termini di cattura e stoccaggio del carbonio, ma anche perché fungono da “ammortizzatori” degli eventi meteorologici estremi, a maggior ragione se si trovano in una città delle proporzioni di Città del Messico. Insomma, – ha commentato Carlos Sumano, membro del Laboratorio di restauro ecologico – «un esempio concreto di come l’umanità possa coesistere in un ecosistema, producendo cibo, soddisfacendo i propri bisogni e, allo stesso tempo, conservando e rispettando l’ambiente. Il sistema delle chinampas conferma che questo è reale, che è possibile, che si può fare, che funziona».
di Simone Valeri