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Cosa ne sarà del Green Deal alla luce dei risultati delle elezioni europee del 9 giugno? È quello che si stanno chiedendo in molti tra esperti, attivisti e cittadini preoccupati dall’avanzata dei partiti di estrema destra in Francia e in Germania e dalla contrazione dei consensi per i Verdi che nel 2019 erano stati la quarta forza nel Parlamento Europeo, trainati anche dalla spinta propulsiva dei Fridays for Future e degli scioperi per il clima degli studenti. All’epoca la neoeletta presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dichiarava agli eurodeputati:
“Se c'è un settore in cui il mondo ha bisogno della nostra leadership, è quello della protezione del clima... Non abbiamo un minuto da perdere. Quanto più velocemente l'Europa si muoverà, tanto maggiore sarà il vantaggio per i nostri cittadini, la nostra competitività e la nostra prosperità”.
“Clima: il 2019 è stato l’anno della consapevolezza, il 2020 è l’anno decisivo per intervenire”, titolavamo il primo gennaio 2020.
In questi cinque anni è cambiato tutto. In mezzo ci sono stati la pandemia, i lockdown, le guerre. Sembrano passati anni luce. Come tutti questi eventi rimodelleranno l'Unione Europea e le politiche per il clima?
Le elezioni europee del 2024 hanno sostanzialmente confermato i rapporti di forza che abbiamo visto al Parlamento Europeo negli ultimi cinque anni, smentendo alcuni timori della vigilia. I gruppi del Partito Popolare Europeo, del Partito Socialista Europeo e i liberali di Renew Europe possono infatti costituire una maggioranza autonoma esattamente com'era accaduto cinque anni fa. Tutto questo fa pensare che l’Unione Europea non invertirà la rotta della transizione ecologica e l’obiettivo di fare dell’Europa il primo continente a raggiungere la neutralità climatica. “Non credo che faremo marcia indietro sulle politiche climatiche”, ha commentato a caldo Bas Eickhout, capo del gruppo dei Verdi.
Secondo diversi esperti, sentiti dal sito britannico Carbon Brief, sarà difficile tornare indietro di cinque anni e cancellare il pacchetto di leggi UE che vanno sotto il grande ombrello del Green Deal. La transizione ecologica è un percorso ormai avviato e frenarlo sarebbe controproducente anche per l’industria europea che rischierebbe di perdere terreno nei confronti di Cina e Stati Uniti già dominanti nel settore dell’energia pulita. Queste leggi, però, dovranno essere pienamente attuate per raggiungere gli obiettivi climatici dell'UE.
Tuttavia, il rafforzamento dei partiti conservatori e la maggiore presenza dei partiti di destra a discapito dei Verdi (che hanno un perso un quarto dei seggi e sono diventati il sesto gruppo per numero di europarlamentari) potrebbero illanguidire lo slancio politico dell’agenda UE in materia di politiche climatiche e rendere più difficile l'approvazione di nuove leggi più ambiziose.
Molto dipenderà da come il Partito Popolare Europeo (PPE) interpreterà il suo mandato sul clima e se continuerà a cercare un dialogo con i partiti di estrema destra, come accaduto negli ultimi mesi della legislatura appena terminata, riflette Nils Redeker, vice-direttrice del centro studi Jacques Delors.
Cosa accadrà all’elettrificazione del sistema dei trasporti, agli impegni per la finanza e giustizia climatica, alla proposta di legge per la protezione della natura e della biodiversità (che ha subito un forte contraccolpo da parte delle lobby agricole), alla volontà manifestata in passato di fissare un obiettivo di emissioni giuridicamente vincolante per il 2040 che significherà trasformazioni in settori come l'edilizia abitativa e i trasporti e avrà un impatto diretto sulla vita quotidiana di ciascuno di noi? Secondo un articolo su Politico, potrebbe tornare in discussione uno dei pilastri del Green Deal, il divieto di vendita delle nuove auto con motore a combustione previsto per il 2035.
I negoziati sul prossimo presidente della Commissione europea e sulla sua agenda politica saranno decisivi per capire la direzione che prenderà l’Unione Europea nel contrasto della crisi climatica e se vorrà essere un leader globale in materia di clima.
Tutto fa pensare che ci sarà una continuità con il quinquennio passato, sia perché l’equilibrio tra PPE e Socialisti e Democratici resta ancora saldo, sia perché, per assicurarsi un secondo mandato, la Presidente della Commissione Europea uscente, Ursula von Der Leyen, avrà bisogno proprio dei socialdemocratici. Nel frattempo i Verdi hanno fatto sapere di essere intenzionati a sostenere von der Leyen se rilancerà le politiche per il clima, riferisce il Financial Times.
Quel che ci si aspetta è una minore enfasi retorica sul clima come priorità politica. “Anche se il clima sarà meno esplicitamente menzionato dalla Commissione, sarà comunque centrale”, afferma Linda Kalcher, direttrice esecutiva di Strategic Perspectives. “Molte nuove iniziative della prossima Commissione riguarderanno molto probabilmente il rafforzamento della competitività industriale e della sicurezza energetica. L'elevato costo geopolitico ed economico della dipendenza dalle importazioni di gas, petrolio e carbone rimane una sfida importante per la competitività dell'economia e delle bollette energetiche”. E la risposta, secondo Kalcher, è “investire in sistemi di energia pulita e di stoccaggio resilienti e sicuri, in grado di offrire al continente una sicurezza a lungo termine e di ridurre il rischio che la Russia eserciti un'influenza sugli Stati membri dipendenti dal gas”.
Ma è proprio questo il discrimine tra politiche più o meno ambiziose, spiega Federica Genovese, docente di Scienze politiche e relazioni internazionali all’Università di Oxford: “Un ridimensionamento sostanziale del Green Deal dipenderà dal fatto se l'UE guarderà al clima come a un'agenda di ridistribuzione sociale o di sicurezza geopolitica”.
Sotto questo aspetto, l’avanzata dei partiti di estrema destra in Francia e Germania, le maggiori economie europee e tra i paesi dove dovrebbe concretizzarsi gran parte della decarbonizzazione europea, è un campanello di allarme. In particolare ci dice che la transizione ecologica non può essere una questione che può essere risolta semplicemente come “business-as-usual”, osserva Simone Tagliapietra, senior fellow del think tank Bruegel.
C’è bisogno di più protagonismo degli Stati membri e delle istituzioni che accompagnino la trasformazione dei nostri sistemi energetici. “Le politiche climatiche devono essere ripensate e messe in connessione con le esigenze della società. La politica non riesce a rendere la transizione ecologica più accessibile e tangibile per i più”, osserva Luca Bergamaschi, co-fondatore del think tank italiano ECCO. E in questo vulnus si inseriscono le retoriche dei partiti di estrema destra che fanno delle politiche per il clima una minaccia per la sicurezza energetica e alimentare dei cittadini europei. È questa, ad esempio, la posizione della nostra Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che si è opposta all'introduzione di norme europee sull'efficienza energetica delle abitazioni, ha liquidato come “follia ideologica” il divieto di immettere nuovi veicoli a benzina e diesel nel 2035 e ha recentemente affermato che le rinnovabili mettono a repentaglio la sicurezza degli agricoltori. Le sue posizioni sono state smontate in questo articolo del Financial Times. Era questo il tenore anche delle proteste degli agricoltori che con i trattori hanno paralizzato l’Europa lo scorso inverno.
“I leader e i ministri europei sono chiamati ora a lavorare insieme per costruire un'agenda e progettare una politica in grado di colmare il divario tra gli obiettivi a lungo termine ed esigenze quotidiane”, aggiunge Bergamaschi. “Per venire incontro ai cittadini, uno dei compiti principali dovrebbe essere quello di progettare e offrire soluzioni concrete per le diverse classi sociali. A livello economico, abbiamo bisogno di piani più coraggiosi per mobilitare i capitali necessari e indirizzarli agli attori industriali che vogliono investire nell'innovazione”.
“Il Green Deal ha fatto molta strada da quando è stato concepito cinque anni fa, e queste elezioni segnano un nuovo inizio per questa agenda piuttosto che il suo abbandono”, conclude Tagliapietra. “Ora [il Green Deal] deve ripartire con una nuova agenda incentrata su investimenti verdi, sostegno sociale verde e politica industriale verde. La decarbonizzazione è l'unica strada percorribile. La nuova maggioranza del Parlamento Europeo ha la responsabilità di guidarla, evitando inutili scorciatoie”.
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