Nuovi OGM liberi: l’Europarlamento approva con l’appoggio decisivo del l’Italia

Lindipendente

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Il Parlamento Europeo ha ufficialmente adottato il suo mandato per i negoziati con gli Stati Membri sulla proposta di deregolamentazione dei cosiddetti nuovi OGM. I voti favorevoli sono stati 307, 263 i contrari e 41 le astensioni. Decisivo il voto degli europarlamentari italiani, con i deputati conservatori di maggioranza nettamente schierati a favore della misura. Spaccato a metà invece il fronte dei Socialisti e democratici e, quindi, la delegazione del Partito Democratico. Gli unici compatti e contrari, i deputati del Movimento 5 Stelle che hanno seguito anche questa volta la linea dei Verdi. La palla passa quindi ora agli Stati Membri, i cui Ministri dell’Agricoltura non hanno ancora però una posizione comune sulla questione. Allo stato attuale, tutte le piante ottenute con le nuove tecniche genomiche (NGT) sono soggette alle stesse regole degli organismi geneticamente modificati convenzionali, ma lo scopo di questo iter legislativo è quello di facilitare l’approvazione per almeno una parte dei prodotti ottenuti con tali tecniche.

Pronta la critica delle associazioni ambientaliste, secondo le quali il Parlamento Europeo “ha approvato una proposta legislativa che consente alle multinazionali di commercializzare nuovi OGM senza alcun tipo di controllo di sicurezza per gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente e che elimina dalla responsabilità le aziende che vendono nuovi OGM e gli agricoltori che li coltivano in caso di danni”. Per il momento, Strasburgo ha adottato il mandato negoziale mantenendo la proposta avanzata dalla Commissione europea. In particolare, il tentativo è quello di creare due nuove categorie di colture geneticamente modificate: NGT1, da considerare equivalente alle normali varietà colturali e quindi di fatto deregolamentata, e NGT2 che verrebbe invece assimilata agli OGM convenzionali e come tali rigorosamente valutata e monitorata prima e duramente l’approvazione. Sul come distinguerle, l’esecutivo UE ha proposto che una pianta NGT può essere considerata equivalente a quelle non modificate “quando differisce dalla pianta madre per non più di 20 modifiche genetiche“. Un passaggio che l’Eurocamera punta però a rivedere. Anziché parlare di modifiche complessive, il limite andrebbe a non più di tre modificazioni genetiche per ogni sequenza del DNA vegetale, mentre andrebbero escluse tutte quelle piante con alterazioni che avrebbero un effetto analogo a quello dell’editing genomico convenzionale, la transgenesi.

ll principio secondo cui si punta a cambiare le regole è legato al fatto che i nuovi OGM, a differenza di quelli di prima generazione, sono prodotti mediante una biotecnologia che non prevede l’effettivo inserimento di geni estranei. Una indubbia conquista della scienza che, a detta dei legislatori europei, potrebbe contribuire alla sostenibilità delle produzioni alimentari, aumentando la resilienza delle colture ai cambiamenti climatici e riducendo l’uso dei pesticidi. Tuttavia, il dibattito sulla loro effettiva sicurezza, specie in termini di impatto sociale e sulla biodiversità, è ancora vivo a livello scientifico. La diffusione di colture geneticamente modificate, poiché intimamente legate a impattanti pratiche agricole industriali, appare ad esempio in netto contrasto con la salvaguardia di un’agricoltura tradizionale a carattere estensivo. L’imposizione commerciale, e il sostegno politico, di varietà transgeniche minaccia quindi direttamente le pratiche agricole locali di sussistenza, nonché la diversità biologica ad esse legata. Senza contare che le sementi ottenute con tali biotecnologie sarebbero perlopiù sotto il dominio di grandi aziende del settore – come Bayer, BASF, Syngenta e Corteva – le quali hanno non a caso già presentato ben 139 richieste di brevetto. Il rischio è quindi che il mercato si concentri sempre più a favore di una manciata di multinazionali che promuovono un agricoltura aggressiva e tutt’altro che rispettosa dell’ambiente.

In tutto ciò, il governo Meloni ha già scelto da che parte stare. Oltre ai voti nelle sedi comunitarie, a giugno, la maggioranza di destra ha ad esempio dato il via libera alla sperimentazione in campo di organismi derivanti dalle tecnologie di evoluzione assistita. Una novità per l’Italia che, aderendo sempre strettamente al principio di precauzione, ha per decenni vietato sul proprio territorio sia la coltivazione che la sperimentazione di organismi geneticamente modificati. Una posizione controversa che, tra l’altro, contrasta con la tanto decantata tutela delle eccellenze agroalimentari del Made in Italy, compreso il sempre più sviluppato settore del biologico italiano. Se non altro – come ha sottolineato la Coalizione Italia libera da OGM – sono stati mantenuti degli obblighi di tracciabilità ed etichettatura, proprio alla luce della potenziale contaminazione genetica dell’agricoltura biologica, degli effetti negativi delle possibili mutazioni fuori bersaglio e della contrarietà dei cittadini verso il cibo geneticamente modificato.

[di Simone Valeri]

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