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- Il governo britannico ha approvato dopo 30 anni il primo progetto per la costruzione di una miniera di carbone.
- I sostenitori, in larga parte del partito conservatore, evidenziano le opportunità in termini di crescita economica e occupazionale e indipendenza energetica.
- I contrari fanno leva sull’incongruenza della decisione con l’impegno climatico del paese che, nel 2021, ha ospitato a Glasgow la Conferenza delle parti sul clima (Cop26).
Si potrebbe definire un record. Per la prima volta in 30 anni il governo del Regno Unito ha approvato il progetto per la costruzione di una miniera di carbone. L’opera, che sorgerà nella Cumbria occidentale, promette la maggiore indipendenza energetica del paese e la creazione di posti di lavoro. La decisione ha inevitabilmente sollevato forti proteste da parte sia degli ambientalisti che di alcuni parlamentari che la definiscono come un “crimine climatico contro l’umanità“.
La prima miniera di carbone dopo 30 anni
La miniera sorgerà vicino alla città di Whitehaven, nella contea del Cumbria a nord-ovest dell’Inghilterra, e consentirà di estrarre coke, noto anche come carbon coke, un carbone artificiale ottenuto mediante un procedimento di riscaldamento del carbon fossile, nella fattispecie il litantrace, in assenza di aria e a temperature superiori a 900°C.
In realtà, la West cumbria mining Ltd (Wcm), azienda privata del Regno Unito nota per la produzione di carbone metallurgico, già nel 2020 aveva già ricevuto il via libera per estrarre carbone fino al 2049 da parte del consiglio della contea locale. L’approvazione governativa è stata solo sospesa all’inizio del 2021, prima della conferenza sul clima di Glasgow, la Cop26, che al fischio finale nel Patto di Glasgow ha salvato la fonte fossile più inquinante al mondo.
Difatti l’opera, del valore stimato di 165 milioni di sterline, raccoglie il benestare di Michael Andrew Gove, membro del partito conservatore, da ottobre di quest’anno segretario di Stato per le pari opportunità, l’edilizia abitativa e le comunità e ministro per le relazioni inter-governative. Gove, riporta il sito dell’organo di informazione Bbc News, si è detto “soddisfatto dell’esistenza di un mercato britannico ed europeo per il carbone” e ha concordato con alcune valutazioni che ritengono gli effetti climatici dell’estrazione di carbon coke “relativamente neutri e non significativi”.
Il dipartimento guidato da Gove ha rimarcato la coerenza della decisione con le politiche in materia di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e occupazionali: si prevede che la costruzione della miniera darà lavoro a 500 persone e sarà il motore dell’industria siderurgica nazionale ed europea, oltre che dell’economia nazionale. A sposare questa posizione è una parte della rappresentanza locale: Chris Whiteside, consigliere comunale conservatore, ha affermato che il carbon coke è “meno dannoso per il Pianeta rispetto all’importazione di carbone dagli Stati Uniti o dalla Russia“.
Le proteste di politici e ambientalisti
Ciò non è bastato a placare il disappunto di politici e ambientalisti, analisti ed esperti. La decisione potrebbe mettere in luce le divisioni all’interno del partito conservatore: se, ad esempio, l’ex cancelliere Kwasi Kwarteng e il presidente della Cop Alok Sharma hanno evidenziato un’incongruenza di fondo con gli obiettivi climatici del Regno Unito, altri parlamentari della stessa fazione hanno sostenuto la creazione di posti di lavoro e la crescita economica. Tra questi l’ex presidente del partito conservatore Jake Berry che, in un tweet, ha parlato di “una buona notizia per il nord e per il buon senso”.
Nella stessa compagine politica, Lord Deben, presidente del Comitato indipendente sul cambiamento climatico (Ccc) del Regno Unito nonché membro della Camera dei lord, ha definito la decisione “assolutamente indifendibile”, rimarcando l’eventuale compromissione della leadership britannica nelle attività di contrasto ai cambiamenti climatici. All’opposizione Edward Samuel Miliband, leader del partito laburista, ha affermato che la miniera non è “una soluzione alla crisi energetica” e “non offre posti di lavoro sicuri e a lungo termine”.
II Ccc ha infatti sottolineato che l’85 per cento del carbone prodotto dalla miniera sarà esportato e che la domanda di carbon coke è in calo. Altre ricerche prevedono che, nella migliore delle ipotesi, si userà meno del 10 per cento del combustibile fossile prodotto ed entro la metà degli anni ’30 il combustibile resterà pressoché inutilizzato. Ciò alla luce anche della volontà dei due principali produttori di acciaio del paese, British Steel e Tata, di intraprendere un percorso per la riduzione delle emissioni climalteranti nel processo produttivo.
Il partito britannico dei Verdi sostiene che la decisione sia stata “cinicamente ritardata” fino al termine dei lavori di presidenza britannica della Cop26, facendo “a brandelli” la reputazione del paese. La manovra, in ogni caso, si staglia in antitesi con i piani governativi per incrementare la produzione di energia rinnovabile e per livellare e ridurre le disuguaglianze regionali. Sembra mancare, come rimarcato dal gruppo ambientalista locale South Lakes action on climate change (Slacc), “un’azione significativa sul clima e sull’emergenza ecologica” da parte del Regno Unito. Iniziativa che prevedrebbe maggiori investimenti in progetti legati alle fonti rinnovabili e creazione di posti di lavoro verdi per una reale indipendenza energetica.