In Brasile è stata svelata la più grande truffa dei crediti di carbonio

Lindipendente

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In Brasile, la polizia ha lanciato una vasta operazione (denominata Operazione Greenwashing), la più grande di questo genere mai realizzata nel Paese, per smantellare «un’organizzazione criminale» che per oltre un decennio avrebbe venduto crediti di carbonio provenienti da aree invase illegalmente per un valore complessivo di 34 milioni di dollari (circa 180 milioni di reais). Le operazioni sono l’esito di un’inchiesta durata oltre un anno che mostra i legami tra i progetti REDD+ e una truffa per il riciclaggio di legname ottenuto illegalmente. Al centro delle indagini vi sono il progetto Fortaleza Ituxi, Unitor ed Evergreen, tutti afferenti al Gruppo Ituxi, uno dei più grandi progetti di crediti di carbonio dell’Amazzonia brasiliana. Il gruppo è presieduto da Ricardo Stoppe, le cui attività sospette erano già finite al centro di un’inchiesta giornalistica. I crediti venduti dal gruppo sono stati acquistati, oltre che da varie aziende brasiliane, anche da alcune internazionali quali Toshiba, Spotify e Boeing.

Stoppe possiede cinque progetti REDD+ nell’Amazzonia brasiliana, per un totale di 400 mila ettari di terreno – più di tre volte l’estensione della città di Roma. REDD+ è l’abbreviazione di Riduzione delle Emissioni da Deforestazione e Degrado forestale nei Paesi in via di sviluppo. L’idea alla base è che la “monetizzazione” di foreste minacciate attraverso l’emissione di crediti di carbonio contribuisca a scongiurare un ulteriore aumento della temperatura globale. A sua volta, la vendita di questi crediti dovrebbe generare un flusso di reddito da investire nuovamente nella conservazione delle foreste, che, secondo i sostenitori, è fondamentale per proteggere non solo il carbonio che la biomassa contiene, ma anche altri servizi ecosistemici, la biodiversità e le risorse vitali. Questi progetti rientrano nel più ampio contesto del mercato del carbonio, il sistema ideato per compensare le emissioni industriali attraverso lo scambio di quote di carbonio, i cosiddetti crediti. Per farla breve, chi emette più di quanto dovrebbe è costretto ad acquistare questi ultimi da aziende più virtuose, agricoltori o, per l’appunto, da progetti di mitigazione.

I tre progetti indagati dalla polizia si trovano nei comuni di Lábrea e Apuí, nel sud dello Stato di Amazonas. Queste aree, sostengono le autorità, non sarebbero state usate solo per produrre crediti di carbonio falsi, ma anche per emettere false documentazioni per riciclare il legname prelevato dalle aree deforestate illegalmente. Le irregolarità sono venute alla luce dopo un’esame del Center for Climate Crisis Analysis (CCCA), una organizzazione no profit con sede nei Paesi Bassi. A seguito di ulteriori indagini, la polizia brasiliana ha disposto cinque mandati di arresto preventivo (indirizzati anche a Stoppe e ai due figli) e 76 mandati di perquisizione e sequestro, oltre ad eseguire 108 misure cautelari (non detentive), 8 sospensioni da cariche pubbliche e varie altre misure, e il sequestro di 1,6 milioni di reais (circa 295 mila dollari). Dai primi risultati delle indagini è emerso che il quantitativo di legname sfruttato illegalmente ammonta a oltre un milione di metri cubi, per un danno ambientale di circa 606 milioni di reais (112 milioni di dollari). Il capo investigatore dell’operazione, Thiago Marrese, ha poi spiegato a Mongabay che i terreni dai quali veniva prelevato illegalmente il legname appartengono agli indigeni Kaxarari.

In una nota pubblicata a seguito dell’inchiesta giornalistica di Mongabay (e prima dell’inizio delle operazioni di polizia), il Gruppo Ituxi ha dichiarato che «I progetti Fortaleza Ituxi e Unitor hanno sempre dimostrato un forte impegno per la conservazione dell’ambiente, come dimostra la conservazione della copertura forestale nativa. È noto che le nostre aree di conservazione nella foresta amazzonica fungono da santuari di protezione in un contesto di crescente deforestazione illegale nel Paese», aggiungendo che «Il rapporto di Mongabay ci collega erroneamente anche al reato di riciclaggio di legname illegale attraverso i nostri piani di gestione forestale. Tentano di giustificare tali crimini utilizzando la tecnologia di analisi satellitare del Center for Climate Crime Analysis, che non ha la precisione necessaria per valutare le aree gestite».

Non è la prima volta che i progetti REDD+ vengono collegati al furto delle terre indigene: in Kenya, per esempio, i progetti di conservazione legati al mercato dei crediti di carbonio hanno portato allo sfratto illegittimo della popolazione indigena Ogiek, violando anche due storiche sentenze della Corte Africana finalizzate proprio a tutelare i diritti delle comunità indigene. Sempre in Kenya, questi progetti hanno messo a repentaglio la sopravvivenza delle comunità Samburu, Masai, Borana e Rendille. Di fatto, che il sistema dei crediti di carbonio presenti più di una criticità non è cosa nuova. In particolare, un gruppo internazionale di scienziati, che ha esaminato 26 siti in 3 Continenti nei quali sono stati realizzati i cosiddetti progetti di contrasto alla deforestazione REDD+, è emerso che il 94% dei crediti di carbonio derivati da questi progetti non rappresenterebbe una reale mitigazione delle emissioni climalteranti. Nel frattempo, però, le conseguenze sulle comunità locali sono alquanto reali.

[di Valeria Casolaro]

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