Quanto idrogeno utilizzeremo in futuro? Poco, ma resta una tecnologia su cui puntare

Lifegate

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La produzione di idrogeno è variegata quanto i colori dell’arcobaleno. Quali sono le prospettive reali del suo impiego nell’immediato futuro? Lo abbiamo chiesto a un esperto.

Verde, blu, rosa, nero, grigio, marrone: l’idrogeno può assumere diversi colori a seconda di come viene prodotto. Per questa ragione possiamo permetterci di parlare di “idrogeno arcobaleno”, data la varietà “cromatica” che può assumere questo vettore di energia cruciale per la decarbonizzazione dell’Europa e del mondo intero.

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La copertina del libro “Energia arcobaleno” © Il Mulino

L’idrogeno non è la soluzione a tutti i problemi

L’idrogeno viene spesso definito “flessibile” perché può essere prodotto da diverse fonti di energia e può essere utilizzato in diversi modi a seconda delle esigenze dell’utente. Tuttavia, la transizione verso l’idrogeno richiede investimenti significativi in infrastrutture e tecnologie: non può quindi essere vista come una soluzione unica per combattere la crisi climatica.

L’idrogeno come combustibile, vettore di energia e non fonte di energia stessa, si tratta di una molecola abbondante in natura ma solo combinata con altri atomi. La sua produzione è variegata quanto i colori dell’arcobaleno: nero, grigio e marrone se è ad elevato contenuto carbonico, giallo se moderato, blu molto basso, mentre verde, rosa e turchese sono del tutto privi di emissioni di CO2. Come le diverse modalità di produzione incidono sul costo economico e ambientale e quindi sulla sua applicabilitàà? Quali le reali prospettive dell’impiego dell’idrogeno nell’immediato e lontano futuro?

Lo abbiamo al professor Alessandro Lanza, direttore della Fondazione Eni Enrico Mattei e docente di Energy and environmental policy all’Università Luiss di Roma, autore del saggio, edito da Il Mulino, “Energia arcobaleno. Il futuro è dell’idrogeno?”.

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Il professor Alessandro Lanza, autore del libro “Energia arcobaleno” © Il Mulino

Professor Lanza, iniziamo dal principio: perché questo libro?
Ho sempre seguito con molto interesse il dibattito intorno all’idrogeno, però ho sempre individuato una problematica a cui mi sembrava mancasse una risposta precisa: si parla molto di come lo facciamo, e da qui il guazzabuglio relativo ai suo colori, ma tanta attenzione al lato dell’offerta non è altrettanto bilanciata sul lato della domanda, ovvero cosa ce ne facciamo di questo idrogeno? Come lo usiamo?

E quale risposta ha trovato?
L’idrogeno è una cosa seria: ha delle applicazioni che sono necessarie alla decarbonizzazione, ma quali saranno i settori principali in cui verrà utilizzato ancora non possiamo dirlo con precisione. Sicuramente il settore dei trasporti è un buon candidato, anche se al momento solamente due vetture al mondo vanno a idrogeno, contro 150 modelli diversi e milioni di auto elettrificate. Quindi l’offerta è ancora molto limitata, costosa – perché un modello a idrogeno costa più di 80mila euro – e la rete di distributori in Italia può contare solamente su due punti, uno a Venezia e l’altro in provincia di Trento. Invece le colonnine elettriche stanno spuntando come funghi. Quindi, vero è che l’idrogeno può servire per decarbonizzare i trasporti ma al momento l’elettrico sta avendo la meglio.

E i treni, i camion o i mezzo pesanti?
I treni che usano idrogeno sono ancora pochi, ne esistono e sono in funzione, certamente ma io in questo momento sto parlando dalla Sardegna, una regione dove sono ancora molto pochi i treni elettrificati. Quindi ci sono dei passaggi che devono essere fatti prima dell’introduzione dell’idrogeno e anche su questo siamo ancora indietro. Un settore è quello del trasporto su mezzi pesanti, come i tir. Ma la verità è che l’idrogeno sta puntando molto alle produzioni hard-to-abate, cioè quei settori le cui emissioni sono più difficili da abbattere, come le acciaierie: qui ci vuole una grande potenza in termini energetici, oggi garantita ancora da combustibili “sporchi” come il carbone coke, quindi qui l’idrogeno può davvero essere utile. Per produrne in grandi quantità, però, abbiamo bisogno di molta energia: forse quando la fusione nucleare sarà realtà, allora sì che potremo produrre idrogeno in grandi quantità, a basso costo e in maniera pulita, ma è un futuro ancora molto lontano.

Invece noi tutto questo tempo non ce lo abbiamo…
Esatto, noi dobbiamo decarbonizzare in fretta, quindi nelle cose utili in questo momento l’idrogeno ha un ruolo ancora marginale. Non sto dicendo che bisogna cessare la ricerca in questo senso: l’idrogeno è un buon compendio ma non risolve tutti i nostri problemi. Non stiamo buttando via i soldi del Pnrr, per dire, perché invece è un bene che si continui a investire su questa tecnologia. Se facessimo ciò che abbiamo progettato di fare sarà più che sufficiente per garantire all’idrogeno un futuro reale. Ma per farlo in maniera pulita bisogna avere energia rinnovabile installata e allora dobbiamo prima concentrarci e accelerare su questo aspetto. Intanto possiamo portare avanti la sperimentazione di celle a combustibile per navi e aerei.

 

Qual è il suo parere sull’idrogeno rosso o viola, cioè di quello prodotto a partire dall’energia nucleare?
Dipende da quale tipo di energia nucleare utilizziamo. In questo momento la fusione non ha applicazioni reali e commerciali, quindi rimane la fissione. Non ha senso costruire nuove centrali nucleari per fare idrogeno, perché il mondo si sta elettrificando e l’elettrificazione si porta dietro le rinnovabili, che hanno il problema dello stoccaggio, piuttosto, quindi ha senso puntare su quello. I paesi che hanno già delle centrali ha senso che le usi, questo sì. Più in generale, la tecnologia corre veloce, quindi ciò di cui discutiamo oggi intorno all’idrogeno potrebbe cambiare in fretta.

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