Cosa cambia con i dazi europei sulle auto elettriche cinesi

Lifegate

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La Commissione europea ha introdotto dazi che sfiorano il 50% sulle auto elettriche importate dalla Cina. Un danno per la transizione energetica?

  • Dopo un’indagine antidumping, la Commissione europea ha deciso di introdurre dazi sulle importazioni di auto elettriche.
  • Anche gli Stati Uniti hanno introdotto dazi, addirittura del 100 per cento.
  • Il primo effetto sarà un aumento del costo dell’auto lato consumatore, ma si attende la reazione di Pechino.

Il 12 giugno 2024, la Commissione europea ha annunciato un significativo aumento dei dazi sulle importazioni di auto elettriche prodotte in Cina. Dal 4 luglio, i nuovi dazi avranno un importo compreso tra il 17,4 e il 38,1 per cento, che varierà a seconda dell’azienda a cui dovrà essere applicato e che si aggiungerà ai dazi già esistenti del 10 per cento che si applicano a tutte le auto provenienti da qualunque destinazione: potranno quindi arrivare complessivamente al 47,6 per cento sul valore dell’auto.

La misura, che giunge al termine di un’indagine antidumping iniziata nel 2023 e fa seguito alla decisione storica degli Stati Uniti di introdurli al 100 per cento, mira a contrastare i sussidi che il governo cinese fornisce ai propri produttori, ma rischia di innescare una costosa guerra commerciale con Pechino.

In Italia le colonnine pubbliche per ricaricare le auto elettriche sono più di 50mila © Unsplash

Chi è favorevole e chi no ai dazi sulle auto elettriche

La nuova tariffa potrebbe generare entrate per oltre due miliardi di euro all’anno, ma anche creare tensioni con il governo cinese. La Germania, la Svezia e l’Ungheria si sono opposte fin dall’inizio a questa decisione, preoccupate per le ripercussioni sulle loro industrie automobilistiche. Tra i principali sostenitori dei dazi, invece, ci sono la Francia e la Spagna.

La Germania, in particolare, teme per i propri produttori, che esportano un gran numero di vetture in Cina. La Svezia si trova in una situazione simile, dato che Volvo, il maggiore produttore nazionale, è controllata dalla cinese Geely. L’Ungheria, destinazione privilegiata per gli investimenti cinesi nel settore dell’auto elettrica, condivide gli stessi timori.

Se vogliono bloccare la decisione di Bruxelles, Germania, Svezia e Ungheria devono assicurarsi l’appoggio di almeno altri undici paesi. Repubblica Ceca e Slovacchia potrebbero aggiungersi agli oppositori. Gli stati dell’Unione europea devono pronunciarsi sull’aumento entro il 2 novembre 2024: se approvato, sarà valido per cinque anni.

Dazi sulle auto elettriche cinesi, quali effetti?

La Commissione europea ha sostenuto che i produttori cinesi beneficiano di sussidi alla produzione che permettono loro di offrire prezzi inferiori in media del 20 per cento rispetto ai concorrenti europei. Un recente studio dell’Institut für Weltwirtschaft di Kiel ha previsto che un dazio aggiuntivo del 20 per cento potrebbe ridurre le importazioni di auto elettriche cinesi del 25 per cento. Nel 2023, la Cina ha esportato auto elettriche per dieci miliardi di euro in Europa, raddoppiando la sua quota di mercato in un solo anno. Sempre nel 2023, 1 auto elettrica su 5 venduta in Unione Europea è stata prodotta in Cina. Di queste circa il 40 per cento sono costruite da marchi cinesi

L’immediato effetto dell’aumento dei dazi sarà un rincaro delle auto elettriche cinesi e una minore pressione sulle aziende europee. Allo stesso tempo, si prevede che Pechino reagirà riducendo le proprie importazioni dall’Unione Europea, aggravando il conflitto commerciale. Come fanno notare gli esperti, tra cui il giornalista economico Alessandro Lubello, mentre negli Stati Uniti i sussidi per l’acquisto di auto elettriche sono riservati a quelle prodotte internamente, in Europa tali aiuti si applicano anche ai veicoli fabbricati in Cina, riducendo l’efficacia dei nuovi dazi.

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L’auto elettrica è sempre più diffusa in Europa; Italia fanalino di coda © Getty Images

I dazi rallenteranno la transizione ecologica?

“L’obiettivo comune dovrebbe rimanere quello della transizione energetica dei trasporti, di cui l’auto elettrica è un tassello fondamentale” spiega Roberto Sposini, esperto di mobilità di LifeGate. “Che senso ha da una parte sostenere la transizione dell’auto con bonus e sussidi e dall’altra tassare i modelli cinesi, tra l’altro i più accessibili dal punto di vista economico? Siamo certi che difendere l’industria automobilistica europea dall’ondata di auto cinesi non finisca per trasformarsi in un clamoroso autogol? Il protezionismo, l’isolamento, le barriere non hanno mai sortito effetti positivi”.

L’aumento dei dazi può rallentare l’adozione delle tecnologie necessarie per la transizione energetica, mantenendo in vita i motori a combustione oltre la soglia del 2035 stabilita dall’Ue. Infatti, la Germania (e magari anche l’Italia) potrebbe utilizzare questa situazione per chiedere un rinvio della scadenza, alimentando la percezione che la transizione verde sia troppo onerosa. Tale percezione ha già favorito l’ascesa di partiti scettici nei confronti dell’ambientalismo, che sostengono che le politiche verdi penalizzino l’industria e l’occupazione, aumentando i prezzi.

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