La politica non è ancora all’altezza delle sfide poste dalla crisi climatica. Un’analisi dei programmi dei partiti

ValigiaBlu

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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Le temperature estreme di questa estate, la siccità, gli incendi, le frane e le grandi piogge, e l’impennata del prezzo del gas e dell’elettricità, hanno posto al centro della discussione pubblica le questioni energetiche e climatiche. Ma se la crisi energetica ha catalizzato l'attenzione della politica, il clima resta un tema che fatica a essere protagonista in questa "campagna elettorale estiva". Eppure, sottolineavano gli attivisti di Fridays for Future a fine luglio, "queste sono le prime elezioni climatiche del nostro paese". Ai primi di agosto la Società Italiana per le Scienze del Clima ha pubblicato una lettera aperta (arrivata a quasi 220mila sottoscrizioni) in cui ha chiesto ai partiti politici italiani azioni forti di adattamento e mitigazione per combattere la crisi climatica.

Il think tank ECCO ha analizzato le proposte di “politica del clima” delle principali coalizioni, prendendo in esame i programmi depositati dai partiti e, dove non disponibili, quelli presentati dalle coalizioni. Riportiamo qui di seguito la loro analisi.

Emissioni, leggi e partecipazione

Quasi nessun partito prevede un obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni al 2030, come invece presente nella maggior parte dei paesi europei, ad eccezione di Verdi-SI, che propongono un obiettivo nazionale di riduzione del 70% rispetto al 1990, e Azione-Italia Viva, che propone una riduzione del 41% rispetto al 2018. La maggior parte degli altri partiti tende a confermare l’obiettivo comunitario di riduzione del 55% al 2030 anche se il programma di coalizione di centro destra mette in discussione gli obiettivi europei, senza specificare quali e come.

Analizzando provvedimenti più specifici, l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (fermo al 2019), strumento importante della politica climatica poiché individua alcuni strumenti e obiettivi settoriali di riduzione delle emissioni, viene menzionato solamente da Verdi-SI, Lega e +Europa.

La Strategia di lungo periodo al 2050 ferma alla versione presentata a inizio 2021 e non ancora inviata al Segretariato ONU come previsto dall’Accordo di Parigi nonostante la scadenza fosse il 2020, viene ignorata da tutti i partiti. Solo Verdi-SI propongono di anticipare l’obiettivo di neutralità climatica dal 2050 al 2045, in linea con quanto fatto in Germania.

Altri elementi importanti della strategia climatica, come la formazione di un’amministrazione pubblica efficace e competente per il clima e la partecipazione pubblica alle decisioni politiche, sono trattati dai programmi politici senza mai un riferimento specifico ai temi climatici.

La giustizia intergenerazionale – richiesta a gran voce dai giovani – è spesso menzionata nei programmi ma mai trattata in riferimento al clima. Si parla di salario minimo, stage retribuiti, ma non di quale pianeta si troveranno a vivere le generazioni future e perché questa sia una questione di giustizia.

Elemento di differenza nei programmi è la presenza di una proposta di una legge quadro sul clima, strumento legislativo adottato da molti paesi europei, che abbia l’obiettivo di armonizzare e guidare tutti i provvedimenti legislativi. La legge clima viene proposta da PD e Verdi-SI per la coalizione di centro sinistra, mentre non si trova nel programma di Calenda e Renzi, del centro destra e del Movimento 5 stelle.

Su emissioni, leggi e partecipazione emerge un approccio diffuso debole e confuso. Sulle emissioni mancano indicazioni su un obiettivo specifico nazionale al 2030 nonostante il richiamo per lo più a quello europeo. Ad esclusione dei Verdi-SI, nessuna forza politica ha obiettivi più ambizioni di quelli Europei. Mancano totalmente soluzioni per equipaggiare la pubblica amministrazione per la sfida climatica e programmare l’utilizzo di strumenti di partecipazione innovativi o l’adozione di princìpi come l’equità intergenerazionale.

Energia

Uno dei temi più caldi della campagna elettorale è l’energia, ampiamente trattato da tutti i partiti. Se da una parte c’è un generale consenso rispetto all’obiettivo di contenere i costi dell’energia che stanno mettendo in crisi famiglie e imprese, le differenze sostanziali si notano sui provvedimenti e le tecnologie da adottare.

Tutti gli schieramenti propongono, seppure in maniera non sempre approfondita, un tetto al prezzo del gas, chi in sede europea e chi in sede nazionale. Il nucleare è uno dei punti cardine del centro di Calenda e Renzi e della coalizione di centro destra di Meloni, Salvini e Berlusconi. Il centro sinistra e il Movimento 5 Stelle mettendo al centro l’efficienza energetica e le rinnovabili, anche identificando obiettivi quantitativi di breve e medio periodo e non prevedono un ricorso al nucleare.

La spaccatura si ripropone, sebbene in maniera molto meno netta, sul gas: il Movimento 5 Stelle non menziona nuove infrastrutture nel suo programma, il PD e +Europa sono favorevoli a nuovi rigassificatori come soluzione ponte compatibile con la decarbonizzazione, mentre Verdi-SI promuove il pieno utilizzo dell’infrastruttura esistente prima di impegnarsi in nuovi impianti.

Azione-Italia Viva propone la costruzione di due rigassificatori galleggianti, e lo stesso fa anche il centro destra, con la Lega che ipotizza un raddoppio del TAP e un gasdotto Barcellona-Sardegna-Penisola italiana, supportato anche da Fratelli d’Italia. Non vengono forniti elementi per valutare come queste infrastrutture possano essere compatibili con l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni al 2030, pur confermato nei programmi di Azione-Italia Viva e Lega.

Sono simili anche le posizioni sull’aumento delle estrazioni nazionali di gas e petrolio, promosse da Azione-Italia Viva e dal centro destra e non menzionate nei programmi di PD e +Europa. Il Movimento 5 stelle si oppone alla creazione di nuovi pozzi. Verdi-SI propongono la piena adesione dell’Italia, in occasione della prossima COP27 a novembre in Egitto, alla Alleanza internazionale per l’uscita progressiva dalla produzione di gas e petrolio (BOGA) – di cui il nostro paese è parte dal 2021 in qualità di “amico” – che prevede lo stop alla produzione fossile entro il 2045.

L’energia emerge come un tema divisivo, come confermano anche le dichiarazioni dei leader. Se da una parte c’è un generale supporto alle rinnovabili e alla velocizzazione delle autorizzazioni, dall’altra solo Verdi-SI e PD propongono chiari obiettivi quantitativi, i primi raggiungere 80% di penetrazione al 2030 e quasi il 100% al 2035 e i secondi installare 85 GW al 2030, valori compatibili al raggiungimento degli obiettivi europei e in linea con gli impegni del Governo uscente. In generale, il centro destra propone gas e nucleare per la transizione e come tecnologie per abbassare il costo dell’energia, sebbene non sia chiaro come i tempi e costi del nucleare e di un maggiore sfruttamento del gas nazionale possano contribuire alla crisi attuale dei prezzi ed essere compatibili con gli obiettivi climatici; il centro sinistra tende maggiormente a identificare efficienza energetica e rinnovabili come principale risposta strutturale alla contingenza attuale, in linea con gli scenari di decarbonizzazione di medio e lungo periodo e alle politiche europee.

Adattamento

Le politiche di adattamento sono un tema largamente ignorato nei programmi, nonostante la fragilità del nostro Paese, tra i più esposti in Europa agli impatti climatici. Infatti, i danni causati da eventi come alluvioni e siccità andrebbero gestiti con opportune politiche di adattamento. Interventi che se ben progettati coincidono con le strategie di mitigazione e permettono di assicurare che le risorse spese nelle politiche climatiche abbiano impatti territoriali diretti. L’Italia ha un piano di adattamento in attesa di approvazione dal 2018 e che necessita di modifiche. PD, Verdi-SI e Fratelli d’Italia sono gli unici a fare menzione di un suo aggiornamento.

Per Azione-Italia Viva e la Lega, il tema dell’adattamento non viene trattato e viene sostituito da una politica per la gestione forestale. I programmi propongono una gestione sostenibile delle foreste con attenzione al rilancio della filiera del legno, mentre Forza Italia promuove la piantumazione di alberi con l’obiettivo di “piantare un milione di alberi”. L’adattamento non compare nel programma M5S.

La gestione dell’acqua è un tema rilevante della strategia di adattamento di un paese. Verdi-SI e M5S parlano esplicitamente di gestione pubblica dell’acqua, mentre gli altri partiti, in maniera più o meno uniforme, citano un piano per limitare la dispersione idrica senza specificare la provenienza degli investimenti, ad eccezione di +Europa che menziona gli investimenti privati.

Anche la tutela della biodiversità è trattata in maniera abbastanza marginale da gran parte degli schieramenti. Verdi-SI ne fa una parte importante del programma con un obiettivo del 30% di aree protette in linea con gli obiettivi europei. La coalizione di centrodestra e il centro prevedono la creazione di nuove riserve naturali ma senza specifiche mentre la Lega tratta anche il tema delle tecniche di evoluzione assistita, una sorta di evoluzione degli OGM.

L’adattamento rimane ancora marginale nelle proposte politiche. Nelle prime elezioni in cui il clima entra a fare parte dei programmi elettorali, la capacità dei partiti di esprimere una politica per il clima articolata e complessa è ancora limitata, seppur le politiche di adattamento e resilienza, volte a prevenire, reagire e resistere agli impatti del cambiamento climatico, sono una componente essenziale della politica per il clima.

Settore produttivo e lavoro

Gran parte delle attività economiche è fortemente condizionata dalle politiche energetiche e climatiche nazionali ed europee. Questo vale per le PMI, tessuto produttivo chiave del paese e per i processi industriali ad alta intensità energetica ed emissiva quali cemento, acciaio e chimica. Politiche che coinvolgono l’industria dell’automotive, che vedrà una completa riforma nel prossimo decennio, l’agricoltura, fortemente impattata dal cambiamento climatico, la pesca e il turismo (non trattati qui) fortemente sensibile agli impatti climatici.

Nessun partito propone un piano di decarbonizzazione per l’acciaio, ignorando sia la via per arrivare all’acciaio verde sia la gestione degli impatti ambientali della situazione attuale.

Nessuno schieramento, ad eccezione di Verdi-SI, menziona nel programma la plastic tax, la cui introduzione viene rimandata di anno in anno e nonostante ogni anno l’Italia versi 800 milioni di euro all’Europa di plastic tax quale contributo a copertura del programma Next Generation EU da cui arrivano le risorse per finanziare i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Diffusamente trattato è invece il tema della gestione dei rifiuti, con particolare attenzione ai termovalorizzatori. Questo tema divide fortemente gli schieramenti politici tra sostenitori (Lega, FdI, FI, Azione-Italia Viva) e oppositori (M5S, PD, SI-Verdi).

Per quanto riguarda la mobilità, i partiti sono abbastanza concordi rispetto all’importanza dell’auto elettrica, con la coalizione di centrodestra che però tiene la porta aperta anche alle auto a combustione interna a maggiore efficienza e ibride, mentre M5S e centrosinistra puntano in maniera più decisa sull’elettrificazione del trasporto privato.

Il trasporto pubblico è genericamente menzionato, ma trovano poco spazio gli strumenti per la sua promozione e l’integrazione della mobilità attiva. Sul fronte dei costi per il trasporto pubblico, il M5S propone il biglietto unico integrato, il PD sistemi di sconto soprattutto per giovani e anziani, Verdi-SI tariffe agevolate per diverse categorie e 10 mesi di trasporto pubblico gratuito. Il resto dei partiti cita un generico supporto al trasporto pubblico locale.

Poco menzionato il tema della giusta transizione in relazione ai cambiamenti delle attività produttive nell’ambito della conversione energetica.

In generale il clima non viene identificato come una variabile chiave nelle proposte di politica industriale e occupazionale dei vari partiti. Si fa fatica a trovare nei programmi il nesso tra la transizione energetica e climatica e le opportunità di rilancio degli investimenti, opportunità di occupazione e della competitività, anche per settori fortemente condizionati dagli obiettivi clima quali il cemento o l’acciaio – caratterizzati da un grande consumo di energia e emissioni di processo significative – o per temi strategici per l’economia e la qualità della vita come la mobilità, l’agricoltura e la gestione dei rifiuti.

Finanza

Il tema della finanza e della gestione degli investimenti è centrale in qualsiasi campagna elettorale, ma ha acquisito ancor più importanza in queste “elezioni estive”, con il nuovo governo che sarà chiamato a implementare in via sostanzialmente definitiva gli investimenti del PNRR.

Proprio sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si concentrano tutti i partiti, con il M5S che propone un maggiore controllo sull’uso dei fondi, e il programma di coalizione del centrodestra che promuove l’utilizzo completo delle risorse ma anche una revisione del piano. Azione-Italia Viva punta molto su investimenti legati all’economia circolare, tema che include la gestione dei rifiuti e i termovalorizzatori, mentre il centrosinistra intende continuare con l’attuazione del piano, con Verdi-SI che propone una rimodulazione del fondo complementare e una particolare attenzione alle politiche di adattamento.

Unisce sostanzialmente tutti gli schieramenti anche il superamento del patto di stabilità, con solo Azione-Italia Viva che non menziona il tema nel programma. Le differenze di approccio sul debito in relazione al clima sono però importanti.

Il M5S propone chiaramente lo scorporo degli investimenti verdi dal deficit, il centrosinistra chiede una revisione del patto di stabilità in favore di transizione ecologica e sostenibilità, mentre il centrodestra si limita a invocare una revisione dello stesso, senza però esplicitare in quale direzione questa modifica debba andare.

Il tema forse più divisivo tra quelli analizzati in questa categoria è la riforma della fiscalità ambientale, dove spicca la posizione della Lega, che propone di mantenere i sussidi per i combustibili fossili, mentre il M5S ne ipotizza la riconversione e Verdi-SI l’abolizione.

Se da un lato PNRR, patto di stabilità e solo parzialmente la fiscalità ambientale sono affrontati, i grandi assenti dai programmi sono gli istituti pubblici di credito e di garanzia come Cassa Depositi e Prestiti, Invitalia e Sace, enti fondamentali per l’attuazione degli investimenti, che vengono presi in esame solo nel programma di Verdi-SI, che ne propone una riforma che li renda “banche per il clima”.

Europa e politica estera

La politica comunitaria emerge come un grande spartiacque, con il programma della coalizione di centro destra che prevede un cambio significativo della posizione dell’Italia nei negoziati europei per rivedere gli obiettivi su clima ed energia, ma senza indicare quali e come. Il centrosinistra e M5S confermano gli obiettivi europei del pacchetto Fit for 55 e del Green Deal; Azione-Italia Viva e +Europa non citano esplicitamente l’argomento.

Gli unici propensi a una maggiore ambizione europea sono Verdi-SI, a favore di un incremento degli obiettivi al 2030 di 55% delle rinnovabili e 45% di risparmio attraverso l’efficienza energetica.

Sebbene la politica estera sia imprescindibile e necessaria per garantire lo sforzo globale per il clima, senza il quale la sicurezza e gli interessi nazionali non potranno essere garantiti anche a fronte di importanti sforzi nazionali, è il tema più ignorato dai partiti.

Nonostante l’Italia sia stata protagonista nel 2021 con la Presidenza G20 e la co-organizzazione della COP26 di Glasgow, nessuna parola è stata spesa per la COP27 in Egitto e per la Presidenza italiana del G7 nel 2024, ad eccezione di Verdi-Si. Grandi assenti gli impegni della finanza per il clima, che vengono menzionati solamente da Verdi-SI con la proposta di mobilitare 4 miliardi di dollari annui, in linea con la quota equa per l’Italia, e di riformare l’architettura finanziaria nell’ambito del G7/G20 per finanziare la transizione a livello globale.

Altre differenze nei programmi si rintracciano nel rapporto con i fornitori di gas non russi, in particolare in Africa e nel Mediterraneo. Il PD propone lo sviluppo della green economy nel Mediterraneo, con nuovi partenariati incentrati sulle energie rinnovabili e nuovi modelli di sviluppo industriale e agricolo. Sulla stessa onda Verdi-SI, che sono anche gli unici a proporre che i contratti gas per gestire l’attuale crisi siano limitati nel tempo. Di contro, Azione-Italia Viva e centro destra puntano a fare dell’Italia un hub europeo dell’energia e del gas, mirando ad ampliare i paesi da cui l’Italia importa gli idrocarburi.

Conclusioni

Quelle che l’Italia si accinge a vivere sono le prime elezioni dove il clima è protagonista nell’opinione pubblica, ed è entrato nei programmi dei partiti, nelle tribune politiche e sui titoli dei giornali.

Tre le considerazioni conclusive:

  1. Non sempre i programmi parlano di cambiamenti climatici in maniera esplicita. Il clima è presente anche se ancora non abbastanza integrato nelle politiche economiche, occupazionali, sociali e di politica estera. Tutti i partiti, anche grazie alla grande pressione dei giovani e della società civile, trattano il clima come un tema centrale del proprio programma, seppur con diversi livelli di ambizione e talvolta profonde differenze. Non sempre il fatto che in linea di massima tutti i programmi confermano l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni al 2030 significa che le proposte nei diversi settori siano coerenti con tale obiettivo.
  2. Dalle proposte dei partiti emergono due diverse vie per la transizione. La prima, proposta dal centro destra, punta su un sistema energetico basato su gas e nucleare (su questo converge anche Azione-Italia Viva) e una revisione degli obiettivi europei. La seconda, proposta dal fronte progressista, identifica efficienza e rinnovabili come la via maestra da seguire in linea con gli obiettivi europei.
  3. La politica estera per il clima è la grande assente nonostante la crisi climatica sia la grande sfida globale per eccellenza.

In generale, a fronte del riconoscimento del tema clima, emerge l’urgenza per la politica di collegare il raggiungimento degli obiettivi con l’impostazione delle politiche e delle misure nei diversi settori dell’economia e società e della politica estera. Serve un dibattito informato maggiormente basato sui fatti e sui dati che permetta di verificare la coerenza tra obiettivi climatici e proposte.

Il prossimo governo giocherà un ruolo decisivo, probabilmente il più importante di sempre, nell’ambito della transizione ecologica per costruire le condizioni per la decarbonizzazione profonda dell’economia e gestire gli impatti climatici e le questioni sociali. Non è un caso se il Patto di Glasgow sul clima della COP26 inquadra questo decennio come “la decade critica” per le azioni climatiche. Governare il cambiamento, anticipare le indicazioni dei mercati, indirizzare gli investimenti nei settori giusti, saranno tutte decisioni fondamentali per rilanciare l’economia italiana. Al contrario farsi trovare impreparati, opporre una passiva o addirittura regressiva resistenza agli obiettivi europei e ai cambiamenti dei mercati, rischia di esporre i settori chiave dell’economia italiana a una crisi degli investimenti, indebolendo di conseguenza anche il tessuto sociale, a cominciare dai lavoratori più esposti all’economia fossile e alle fasce con reddito più basso.

Per tutti questi motivi è fondamentale essere chiari rispetto alle direzioni strategiche che ciascun partito intende dare al paese rispetto agli assi chiave della politica del clima. Come i partiti propongono di affrontare queste questioni sociali sarà un tema dirimente, innanzitutto per riportare gli italiani alle urne, e poi anche per guadagnare voti. Le politiche climatiche devono diventare strumenti per affrontare le crisi in modo sistemico, integrato e senza lasciare indietro nessuno.

La politica del clima deve essere vista come opportunità – trainata dalla necessità e urgenza dell’azione – e non come vincolo. Soprattutto bisogna evitare di mascherare l’inazione o la scelta di determinate tecnologie, senza specificare costi e tempi di realizzazione e utilizzo, dietro a un generico “pragmatismo” o “buonsenso”, ancor di più se slegato da fatti e dati, che rischia di essere semplice conservazione dello status quo senza prospettive, coraggio e realismo.

La crisi climatica segnerà in modo definitivo la capacità, o meno, della classe dirigente attuale di rispondere alle necessità e richieste di cittadini e imprese, e con essa la capacità di ricostruire con l’elettorato un patto di fiducia basato dalla capacità ad affrontare una delle sfide maggiori della contemporaneità. Fiducia che, stando ai dati attuali, va sempre di più sgretolandosi.

Nota metodologica
In questo studio, il principale criterio di selezione dei programmi dei partiti è stato quello del superamento della soglia di sbarramento al 3%, secondo i sondaggi disponibili al momento dell’analisi (svolta durante il mese di agosto) sulle intenzioni di voto.

A questi si sono aggiunti Verdi/SI e +Europa, perché parte della coalizione di centrosinistra e Noi moderati, parte della coalizione di centrodestra.

La prima fase di analisi ha compreso una selezione dei programmi più ampia, per costruire una forte base di conoscenza sulla generale narrativa climatica dei partiti, e con vaste categorie tematiche. Il campione è stato poi ristretto secondo i criteri sopra citati e con macro aree più definite per la produzione di un documento tecnico e sintetico.

Per completezza, di seguito trovate i programmi di:

Unione popolare
Italexit
Impegno Civico

*Questo articolo è stato pubblicato in originale sul sito del think tank Ecco.

(Immagine in anteprima via forumalternativo.ch)

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