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Il Tar del Piemonte ha emesso una pronuncia che blocca la stagione di caccia sul territorio regionale, accogliendo il ricorso di alcune associazioni animaliste. I giudici amministrativi hanno riconosciuto l’esistenza di una «situazione di eccezionale gravità ed urgenza», stabilendo che la misura è necessaria «al fine di proteggere la biodiversità del territorio regionale». Ma ora, tra amministrazione regionale e associazioni, è guerra sull’interpretazione da dare al verdetto. Secondo la giunta, la sentenza ha sospeso solo la caccia di quattro specie di uccelli tipici (Moretta, Pernice bianca, Coturnice e Fagiano di monte) e quindi i fucili possono continuare a prendere di mira il resto della fauna. Una interpretazione radicalmente contestata dagli animalisti, che accusano la Regione di disattendere una pronuncia che bloccherebbe tutta l’attività venatoria. Ora si attende un chiarimento definitivo da parte dei giudici amministrativi, a cui la Regione ha chiesto attraverso un’istanza un tempestivo chiarimento sui dispositivi del verdetto.
«La sospensione è stata motivata da diverse irregolarità riscontrate nel processo di approvazione del calendario», hanno scritto in una nota congiunta le associazioni animaliste ricorrenti Pro Natura, Oipa e Leal, le quali hanno in particolare evidenziato la «mancanza di trasparenza» della Regione Piemonte, che «non ha pubblicato l’allegato C del calendario, che conteneva le contro motivazioni regionali rispetto al parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), obbligatorio ma non vincolante». All’interno della loro istanza, le associazioni avevano evidenziato «l’inadeguatezza della pianificazione», non essendo stato presentato un Piano faunistico venatorio regionale aggiornato, fatto che «solleva preoccupazioni riguardo alla gestione delle specie a rischio di estinzione come la moretta, la pernice bianca, la coturnice e il fagiano di monte». Le associazioni hanno concluso la nota affermando che «per le sigle ricorrenti questa decisione rappresenta un’importante vittoria e un passo significativo nella tutela della fauna selvatica in Piemonte». A smorzare gli entusiasmi è stato però il contenuto del comunicato diramato dalla Regione, in cui si diceva che, al netto delle quattro specie protette menzionate, l’attività venatoria «può proseguire». L’assessore regionale Paolo Bongioanni ha infatti spiegato: «I nostri avvocati hanno interpretato che il Tar abbia bloccato solo le battute alla fauna alpina, ora aspettiamo una risposta dai giudici». Nel frattempo, ha detto senza mezzi termini, «la caccia può continuare».
Nella discussione è intervenuto anche il deputato della Lega Francesco Bruzzone, il quale ha chiesto che la giunta piemontese si attivi per approvare nell’immediato una delibera ponte che consenta la riapertura della caccia in attesa della discussione del ricorso. Nel frattempo, la Regione Piemonte, attraverso l’Avvocatura regionale, ha depositato presso il Tribunale Amministrativo Regionale un’istanza con la quale ha richiesto un tempestivo chiarimento sui dispositivi del decreto presidenziale che ha sancito la sospensione. Il dibattito, dunque, resta caldo, anche perché i contorni dello scenario aperto dalla pronuncia del TAR non sono affatto definiti.
[di Stefano Baudino]