Le proteste degli agricoltori, il contrasto della crisi climatica e la sicurezza alimentare

ValigiaBlu

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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Le colonne di trattori che hanno bloccato in queste settimane le strade di Francia e Germania non sono una novità. Sono solo l’ultima ondata di una protesta crescente da parte degli agricoltori europei contro alcune decisioni da parte di governi nazionali ed europei per proteggere la natura dall’inquinamento generato dalla produzione agricola e dall’allevamento. Per alcuni di loro, già in difficoltà per la crisi energetica e le conseguenze della pandemia, pagare tasse più alte per l’inquinamento prodotto, è insostenibile. Altri affermano di sentirsi sovraccaricati dalla burocrazia e di essere inascoltati e incompresi dagli abitanti delle città che mangiano il cibo che coltivano senza sapere da dove provenga. Nei giganti agricoli come i Paesi Bassi e la Francia, gli agricoltori hanno espresso frustrazione per la pressione dei governi a produrre di meno, dopo anni di incoraggiamento a produrre di più.

“Negli ultimi anni ci siamo espressi con forza, ma non siamo stati ascoltati”, ha affermato nei giorni scorsi la più grande lobby agricola europea, la Copa Cogeca, in una lettera aperta alla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. “La sopravvivenza dell’agricoltura familiare europea come la conosciamo oggi è in pericolo”.

Le proteste vanno avanti da tempo. La reazione più forte finora nei Paesi Bassi, dove una sentenza del tribunale sulle emissioni di azoto nel 2019 ha scatenato proteste furiose contro gli sforzi del governo di chiudere di ridurre il numero di animali allevati. In Belgio, lo scorso marzo i trattori sono arrivati a Bruxelles. In Irlanda, a dicembre, i produttori di latte hanno protestato per le restrizioni sull’azoto, marciando con le loro mucche verso gli uffici di tre ministeri. Esattamente un anno fa, gli agricoltori erano scesi in piazza a Madrid in Spagna, dopo che il governo aveva annunciato l’intenzione di limitare la quantità di acqua che potevano prelevare dal fiume Tago colpito dalla siccità. A febbraio, sempre dello scorso anno, gli agricoltori francesi avevano attraversato Parigi con i trattori per protestare contro il divieto sull’uso dei pesticidi. Scene poi replicate in questi giorni lungo le strade alle porte della capitale francese: balle di fieno e trattori sono stati utilizzati per bloccare le principali autostrade; è stato lanciato del letame sugli edifici pubblici e sui supermercati nel sud-ovest; casse di pomodori, cavoli e cavolfiori che secondo gli agricoltori erano stati importati a basso costo sono state gettate lungo le strade.

“Siamo stufi ed esasperati”, dice al Guardian Pierre Bretagne, 38 anni. “Amo il mio lavoro: coltivo in modo biologico perché è ciò in cui credo ed è la cosa giusta eticamente e in termini di salute. In nove anni di agricoltura, non ho mai partecipato a una protesta, preferisco stare con i miei animali. Ma le cose stanno diventando davvero difficili: abbiamo bisogno di prezzi decenti che riflettano non solo la qualità dei nostri prodotti, ma l’amore che mettiamo in questo lavoro e nella campagna. Questa è una passione, una vocazione, ma non ne riceviamo il riconoscimento”.

Agli agricoltori si sono uniti i pescatori bretoni e i lavoratori di altri settori potrebbero unirsi se le proteste proseguiranno, convergendo in un grande movimento di protesta sociale. I manifestanti chiedono la garanzia di prezzi più equi per i prodotti, il proseguimento delle agevolazioni fiscali sul diesel per i veicoli agricoli, la fine della burocrazia francese aggiuntiva che si aggiunge alle norme UE e aiuti immediati per gli agricoltori biologici in difficoltà.

Più o meno simili le richieste in Germania. Anche lì, gli agricoltori hanno scaricato il letame nelle strade di Berlino come segno di protesta nei confronti del governo tedesco che ha tagliato i sussidi statali. Lo scorso anno una sentenza di un tribunale ha stabilito che il governo non poteva continuare a utilizzare i fondi per la pandemia per incentivi e sussidi di Stato. Così il cancelliere, Olaf Scholz, si è trovato a dover colmare un buco di 60 miliardi di euro e a rivedere le voci di spesa. Gli agricoltori protestano perché sono state ridimensionate le agevolazioni fiscali per il settore agricolo. Tra queste i sussidi per il carburante che possono arrivare fino a 3mila euro all’anno per un’azienda di media grandezza: tuttavia, va specificato che i fondi per la pandemia erano destinati a sussidi per la produzione di chip e per l’energia pulita e non per agevolazioni di quel tipo. 

“Gli agricoltori hanno inviato un chiaro segnale al governo federale affinché ritiri completamente gli aumenti fiscali previsti”, ha commentato in quei giorni Joachim Rukwied, presidente dell’associazione degli agricoltori tedeschi. “Senza agricoltori: niente cibo, niente futuro”, si leggeva in uno degli striscioni dei manifestanti.

Le proteste degli agricoltori terreno di consenso per le destre estreme

L’estrema destra cerca la rivoluzione nelle proteste degli agricoltori, titolava alcuni giorni fa un articolo della BBC a proposito delle proteste in Germania alle quali si è unita anche l’esperta politica olandese Eva Vlaardingerbroek, salita su un trattore per inveire contro “le élite globali che intraprendono una guerra contro le persone che lavorano duramente e che mettono il cibo sulle nostre tavole”.

In un’intervista con l’ex conduttore di Fox News, Tucker Carlson, l’anno scorso Vlaardingerbroek aveva rilanciato una popolare teoria del complotto sostenendo che gruppi come il World Economic Forum stanno cercando di far mangiare gli insetti agli olandesi con l’obiettivo di far chiudere le fattorie e far aprire fabbriche di insetti. Una narrazione sulla falsariga di quelle veicolate nel nostro paese soprattutto dalla Lega. Il video dell’intervista su YouTube è stato visualizzato più di mezzo milione di volte. “Non vogliamo mangiare insetti, vogliamo le nostre bistecche”, ha detto. 

Vlaardingerbroek ha descritto gli agricoltori come “uno dei pochi gruppi nella società che dispone di manodopera sufficiente per avviare una vera lotta contro i globalisti che vogliono cambiare radicalmente il nostro modo di vivere”. 

Tuttavia, spiega Miro Dittrich, ricercatore del CeMAS ed esperto di movimenti di estrema destra, per quanto i gruppi di estrema destra stiano cercando di intestarsi le manifestazioni e cerchino la rivoluzione nelle campagne, l’unica cosa che si può dire con certezza, al momento, è che si sta radicando nella società tedesca un profondo malcontento che sta rafforzando gli estremismi politici. 

L'associazione degli agricoltori tedeschi ha preso le distanze dai gruppi di estrema destra che hanno cercato di cavalcare le loro proteste. Alcuni agricoltori si sono presentati alle proteste con striscioni sui trattori con su scritto: “L'agricoltura è colorata, non marrone”, in riferimento alle uniformi marroni dei gruppi fascisti. 

Tuttavia, non vanno sottovalutati questo malcontento e la permeabilità tra alcuni slogan e posizioni delle destre estreme e le proteste degli agricoltori: ad esempio, alcuni manifestanti, sentiti dalla BBC, pur affermando di non essere sostenitori dell’AfD, hanno fatto propri alcuni loro slogan come “Germania First”, “C'è denaro per la gente di tutto il mondo, ma non per la nostra gente”, “Non possiamo spendere tutto e poi non rimane nulla per noi, per i contadini”

Nei Paesi Bassi, la crisi dell’azoto ha portato alla creazione del Movimento dei Cittadini-Contadini, un partito rurale che ha ottenuto buoni risultati nelle elezioni provinciali di marzo ed è arrivato sesto alle elezioni generali di novembre. 

Léonie de Jonge, politologa dell’Università di Groningen, nei Paesi Bassi, che fa ricerca sull’estrema destra, parla a tal proposito di “populismo agrario che sta emergendo in questi paesi”. Le questioni degli agricoltori possono prestarsi all’ideologia di estrema destra attraverso la nostalgia per il passato e i temi “sangue e terra”, aggiunge De Jonge. C’è stata una “contaminazione incrociata di diversi tipi di estremismo” tra alcuni attori in Germania e in Olanda.

Per un’agricoltura climaticamente sostenibile

Dal canto loro, gli attivisti ambientali affermano che non chiedono una riduzione dei sussidi agli agricoltori, ma che questi sussidi vengano spesi in modo meno distruttivo. Più di 50 gruppi ambientalisti – tra cui Friends of the Earth, Greenpeace ed Extinction Rebellion – hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui affermano che “rifiutano di essere etichettati come nemici” degli agricoltori. 

“Conosciamo l’impatto che l’agricoltura ha sull’ambiente: la qualità della terra, dell’aria, dell’acqua, ciò che mangiamo e, naturalmente, il clima dipendono tutti da ciò che coltiviamo e alleviamo e da come lo facciamo”, si legge. “Gli standard ambientali non dovrebbero essere attaccati indiscriminatamente, ma dovrebbero essere finanziati in modo tale da mantenere i redditi e rendere la loro applicazione compatibile con le pratiche agricole”.

Gli agricoltori – prosegue il comunicato - non dovrebbero essere lasciati a far fronte agli standard verdi senza compensazione e non dovrebbero competere con importazioni a basso costo. “Siamo sempre stati alleati degli agricoltori. E contrariamente a ciò che dice la propaganda governativa o alla retorica autoritaria che fomenta l’odio tra di noi per guadagnare di più dalle nostre vite, continueremo ad essere vostri alleati, perché è una questione di sopravvivenza”.

“Abbiamo bisogno di una politica di sussidi migliore che, con gli stessi fondi, ottenga di più per il reddito agricolo, la protezione del clima e la natura”, afferma Sascha Müller-Kraenner, responsabile del gruppo di campagna Environmental Action Germany. “I sussidi che sono dannosi per il clima devono essere eliminati”.

È la chiave per evitare che le proteste degli agricoltori diventino terreno fertile per i partiti di estrema destra e che ci sia uno slittamento verso destra anche rispetto alle politiche climatiche ed energetiche, come già sta accadendo con quelle migratorie. Ne abbiamo avuto un assaggio già l’anno scorso, al Parlamento Europeo, quando una saldatura tra il Partito Popolare Europeo (PPE) e gruppi di destra per un soffio non è riuscita a far bocciare una proposta di legge sul ripristino della biodiversità con la motivazione che avrebbe danneggiato gli agricoltori. La proposta era un pilastro fondamentale del Green Deal europeo che il PPE aveva precedentemente appoggiato.

Gli scienziati, nel frattempo, sottolineano gli effetti perniciosi del cambiamento climatico sulle coltivazioni, in una spirale senza fine che lega inquinamento, riscaldamento globale e manifestazioni della crisi climatica: l’inquinamento riscalda il pianeta il cui clima diventa sempre più meno ospitale per gli esseri umani. Secondo la Commissione europea, oltre l’80% degli habitat in Europa è in cattive condizioni e i rendimenti di alcune colture sono già stati colpiti dalla povertà dei suoli, dalla mancanza di acqua e da eventi meteorologici estremi che stanno diventando sempre più violenti.

La miopia dei governi europei e il doppio standard nei confronti delle proteste degli agricoltori e degli attivisti climatici

Ma per alcuni governi europei, la minaccia più urgente è l’attenzione che le proteste degli agricoltori hanno attirato da parte dei partiti di estrema destra. Avverando così la narrazione dell’opposizione tra contrasto della crisi climatica e sicurezza alimentare, tra di riduzione delle emissioni di CO2 e autosufficienza nella produzione di cibo e altri beni di prima necessità. 

E i primi effetti di questa miopia sono stati immediati. Mercoledì scorso, scrive il giornalista ambientale del Guardian, Ajit Niranjan, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto agli Stati membri di ritardare di un anno un regolamento chiave per la biodiversità e la protezione della salute del suolo. Fa seguito ad altre concessioni da parte di politici francesi e tedeschi che finora hanno fatto poco per fermare le proteste.

Le norme che verranno rinviate fino al 2025 impongono agli agricoltori di accantonare almeno il 4% della loro terra per scopi non produttivi, siepi e alberi, se vogliono continuare a ricevere sussidi dall’UE. Non è la prima volta che la Commissione procrastina il regolamento. Era già accaduto dopo l’invasione russa dell’Ucraina, di fronte al timore che la guerra mettesse a repentaglio le forniture di grano e la sicurezza alimentare. 

“La sostanza è che, sia che abbiamo troppo o troppo poco, la soluzione è sempre quella di distruggere la natura e intensificare la produzione”, ha affermato Ariel Brunner, direttore di Bird Life Europe. 

Gli analisti sono divisi sulla possibilità che questo “colpo verde” contro la politica climatica possa estendersi ad altri settori e ottenere un ampio sostegno da parte dell’opinione pubblica. Alcuni hanno sottolineato il doppio standard da parte dei politici nei confronti delle proteste a seconda che si tratti degli agricoltori o degli attivisti ambientali.

Uno spostamento a destra nel Parlamento europeo significherebbe più seggi occupati da partiti che negano il cambiamento climatico o si oppongono alle azioni per fermarlo. Sebbene la maggior parte delle politiche che compongono il Green Deal europeo sia già stata approvata, le elezioni di giugno potrebbero far pendere l’ago della bilancia dalla parte del negazionismo climatico in nome di un ipocrita pragmatismo.

Biden sospende le esportazioni di Gas Naturale Liquefatto: quali impatti nell’azione contro il cambiamento climatico?

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato una “pausa temporanea” nell'espansione dei terminali di gas naturale liquefatto (GNL). Per alcuni commentatori si tratta di una “decisione elettorale” per guadagnarsi il consenso degli attivisti climatici, per altri di una scelta che potrebbe addirittura aumentare le emissioni globali. Si tratta, per certi versi, di una decisione dal forte valore simbolico – sottolinea Bill McKibben sul suo blog – perché seppellisce in modo perentorio l’idea che il gas naturale sia un “combustibile ponte”: ora sappiamo che è un ponte verso il nulla, scrive lo scrittore e giornalista ambientalista.

Negli ultimi anni le esportazioni di GNL dagli Stati Uniti hanno registrato un boom, facendo degli USA il più grande esportatore di GNL al mondo nel 2023. Il principale mercato degli Stati Uniti è stata l’Europa che ha fatto ricorso al GNL per colmare la diminuzione delle forniture di combustibili fossili dalla Russia, dopo l'invasione dell'Ucraina. Secondo Reuters, nel dicembre 2023 l’Europa ha ricevuto il 61% delle esportazioni di GNL degli Stati Uniti. 

Ma gli analisti hanno notato che il fabbisogno europeo di GNL statunitense potrebbe diminuire rapidamente: un rapido aumento delle energie rinnovabili e un calo della domanda di energia hanno contribuito a colmare il deficit lasciato dal calo delle forniture dalla Russia. Inoltre, le politiche climatiche proposte dall'UE implicano un calo significativo della domanda di combustibili fossili, comprese le importazioni di GNL. La Commissione Europea sta attualmente elaborando una proposta per ridurre le emissioni dell’UE del 90% entro il 2040 e l’uso di combustibili fossili nell’UE dell’80% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2040. Per questo motivo, un gruppo di 60 membri del Parlamento Europeo ha esortato Biden a non usare l'Europa come “scusa” per un'ulteriore espansione. 

E, in effetti, nell’annunciare la pausa temporanea nell'espansione di nuovi terminali, Biden ha fatto riferimento all’evoluzione della “necessità di mercato per il GNL, della fornitura a lungo termine di GNL e dei pericolosi impatti del metano sul nostro pianeta”. La capacità di esportazione di GNL è già più che sufficiente per soddisfare la domanda globale di questo combustibile, se i paesi rispettano gli obiettivi climatici nazionali e internazionali, sottolinea il sito britannico Carbon Brief in un’analisi della decisione di Biden. 

D’altronde, non si tratta di una iniziativa estemporanea: già nel corso della COP26 del 2021, lo stesso Biden aveva lanciato insieme alla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, un’azione internazionale contro il metano, chiamata Global Manthrop Pledge, e alla COP27 del 2022, aveva descritto l’azione contro il metano come un “punto di svolta” chiave per affrontare il cambiamento climatico.

Secondo alcuni commentatori e i rappresentanti dell'industria dei combustibili fossili, la pausa imposta da Biden potrebbe spingere gli Stati che stanno avviando la loro transizione dal carbone ad altre fonti energetiche a rivolgersi ad altri paesi esportatori di GNL, o addirittura a usare più carbone. Ma, sintetizza Carbon Brief, queste affermazioni sono in evidente contraddizione con quanto provato dalle evidenze scientifiche che hanno dimostrato che tutti i combustibili fossili devono essere eliminati rapidamente per raggiungere gli obiettivi climatici mondiali.

Recentemente l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha affermato che concentrare gli sforzi di politica climatica esclusivamente sulla sola offerta o domanda di fonti energetiche è “inutile e rischia di rinviare – forse indefinitamente – i cambiamenti necessari”. Per rispettare sia gli impegni climatici esistenti sia l’obiettivo di 1,5°C, la IEA sottolinea la necessità di “un’ampia gamma di politiche diverse… per aumentare sia la domanda che l’offerta di energia pulita e per ridurre la domanda e l’offerta di combustibili fossili e le emissioni in modo equo”. In un altro rapporto, la IEA ha rilevato che l’energia eolica e solare onshore sono ora più economiche da realizzare rispetto all’energia a gas e a carbone praticamente in tutte le circostanze, a livello globale.

La decisione di Biden ha valutato gli impatti climatici, energetici e commerciali, e ambientali. La sospensione fermerà temporaneamente 17 progetti in attesa di approvazione. Insieme, ha rilevato uno studio, questi progetti esporterebbero abbastanza gas da produrre più emissioni di quanto fa l’Unione Europea in un anno.

Per quanto riguarda gli aspetti energetici e commerciali, la Commissione europea è stata informata in anticipo: “Questa pausa non avrà alcun impatto a breve e medio termine sulla sicurezza dell’approvvigionamento dell’UE”, ha dichiarato un funzionario UE.

Infine, gli impatti sulle comunità locali che vivono lungo le aree della costa statunitense che hanno visto l’espansione dei terminali di esportazione di GNL. Lo scorso dicembre, Travis Dardar, un pescatore e membro della comunità tribale dell’Isola di Jean Charles al largo delle coste della Louisiana, aveva dichiarato ad Al Jazeera che l’espansione dei terminali di esportazione di GNL minacciava la salute della sua comunità e la capacità di pescare a scopo di lucro. Proprio questo è stato uno dei punti toccati da Biden nella dichiarazione ufficiale sulla sospensione dei nuovi progetti: “Dobbiamo proteggerci adeguatamente dai rischi per la salute delle nostre comunità, in particolare delle comunità in prima linea negli Stati Uniti che si fanno carico in modo sproporzionato del peso dell’inquinamento derivante dai nuovi impianti di esportazione”, ha dichiarato la Casa Bianca.

Exxon Mobil ha fatto causa a due investitori per impedire che la loro proposta sul clima venga votata dagli azionisti

La Exxon Mobil ha citato in giudizio due investitori per impedire che la loro proposta di riduzione delle emissioni del gigante petrolifero venga sottoposta al voto degli azionisti.

In una denuncia depositata presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti del distretto settentrionale del Texas, la Exxon ha accusato gli investitori, Arjuna Capital e Follow This, un gruppo di investitori attivisti verdi olandesi, di aver abusato del processo di proposta di voto degli azionisti per portare avanti le loro priorità con voti “calcolati per diminuire l'attività esistente della società”.

A dicembre Arjuna ha presentato una proposta di risoluzione non vincolante che esortava la Exxon ad accelerare i suoi piani di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e ad ampliare la portata delle emissioni misurate per includere i suoi fornitori e clienti. Follow This si è unita alla proposta poco dopo.

Non è chiaro se la Exxon abbia anche inviato una "lettera di non azione" alla Securities and Exchange Commission (SEC), la via tipica percorsa dalle società quotate in borsa che cercano di fermare il voto su una risoluzione. L'azienda ha sostenuto che la proposta di Follow This e Arjuna viola le regole dell'autorità di regolamentazione statunitense, volte a impedire che gli azionisti possano "microgestire" le decisioni delle aziende attraverso le proposte. 

Exxon ha dichiarato di aver già pianificato di escludere la proposta dalla votazione per gli azionisti in occasione dell'assemblea annuale della società che si terrà a maggio, sostenendo che la legge statunitense sui titoli consente alla società di respingere proposte che “riguardano questioni relative alle operazioni commerciali ordinarie della società”. A sorpresa, però, la società ha citato in giudizio gli investitori nel tentativo di ottenere una “dichiarazione” da parte di un giudice a sostegno della loro decisione di escludere la proposta dal voto degli azionisti. Nella causa, la Exxon ha fatto notare che un'ampia maggioranza di azionisti ha respinto proposte simili presentate da Follow This nel 2022 e da Follow This e Arjuna nel 2023. 

Mark van Baal, fondatore di Follow This, ha definito l’azione giuridica di Exxon un tentativo per “impedire agli azionisti di esercitare i loro diritti”. L'azienda ha “il diritto e il dovere fondamentale di esprimere la propria preoccupazione per il rischio climatico, il suo impatto sull'economia globale e il valore per gli azionisti”, ha commentato Natasha Lamb, cofondatrice di Arjuna.

Da anni Follow This presenta mozioni alle assemblee generali annuali delle compagnie petrolifere, nell'ambito di una campagna per rendere più stringenti gli impegni di riduzione delle emissioni. Shell sta affrontando l’azione da parte degli investitori che possiedono circa il 5% delle sue azioni sempre per una risoluzione Follow This all'assemblea generale di quest'anno.

Il riutilizzo dei metalli delle terre rare provenienti da vecchi cellulari potrebbe soddisfare gran parte della domanda globale

Una fonte vasta e in gran parte trascurata di metalli delle terre rare, materiali fondamentali per l'energia rinnovabile, potrebbe trovarsi nelle nostre case, in fondo ai nostri armadi e nei cassetti della spazzatura.

Un nuovo studio condotto da ricercatori cinesi e olandesi, pubblicato su Nature Geoscience, ha stimato che il riutilizzo o il riciclaggio dei metalli delle terre rare provenienti da vecchi cellulari, dischi rigidi, motori elettrici e turbine potrebbe soddisfare fino al 40% della domanda di questi metalli negli Stati Uniti, in Cina e in Europa entro il 2050.

Le terre rare sono essenziali per le tecnologie verdi, come i veicoli elettrici e le turbine eoliche, e sono utilizzate nel settore aeronautico. Tuttavia, la loro estrazione ha un grande impatto ambientale. Per questo il riciclo e il riutilizzo delle terre rare è di fondamentale importanza per ridurre il rischio di inquinamento del suolo e dell’acqua derivanti dalla loro estrazione. Inoltre, le operazioni di estrazione delle terre rare sono terreno di conflitti locali e violazioni dei diritti umani.

L'idea di riutilizzare o riciclare le terre rare non è nuova. Negli anni '80, alcuni ricercatori giapponesi hanno coniato il termine urban mining per descrivere la raccolta di metalli rari da elettrodomestici e dispositivi elettronici dismessi. Metalli comuni come ferro, rame e alluminio sono già ampiamente riciclati. Ma, secondo i ricercatori, solo l'1% delle terre rare presenti nei vecchi prodotti viene riutilizzato o riciclato. 

Tuttavia, il riciclo delle terre rare non è così semplice. Le terre rare sono spesso combinate con altri metalli, quindi la loro estrazione può essere difficile. Alcuni metodi di riciclaggio delle terre rare richiedono sostanze chimiche pericolose e molta energia. Estrarre i pochi grammi, o addirittura milligrammi, di terre rare presenti in ogni vecchio prodotto può essere un compito arduo. E non ci sono molti sistemi per raccogliere i vecchi apparecchi elettronici e altri oggetti. Anche se sono diverse le sperimentazioni avviate: i ricercatori del Critical Materials Innovation Hub del Dipartimento dell'Energia presso l'Idaho National Laboratory, ad esempio, stanno sviluppando metodi per utilizzare microbi invece di sostanze chimiche tossiche per estrarre le terre rare dai vecchi prodotti. La Apple sta sviluppando robot che aiutano a recuperare materiali critici, tra cui le terre rare, dai vecchi iPhone. 

Il 70% della fornitura delle terre rare proviene dalla Cina, secondo il Servizio geologico degli Stati Uniti. Un recente rapporto delle Nazioni Unite ha stimato che l’estrazione di materie prime aumenterà del 60% entro il 2060. Lo sfruttamento delle risorse della Terra è già responsabile del 60% dell'impatto del riscaldamento globale, compreso il cambiamento di destinazione d'uso dei terreni, del 40% dell'impatto dell'inquinamento atmosferico, di oltre il 90% dello stress idrico globale e della perdita di biodiversità legata al territorio, si legge nel rapporto. Un aumento delle estrazioni e dello sfruttamento del pianeta non farà che peggiorare gli impatti e le conseguenze.

Archivi di ghiacciai d'alta quota persi a causa dello scioglimento dovuto ai cambiamenti climatici

Con lo scioglimento dei ghiacciai stiamo perdendo un archivio di informazioni sulla composizione atmosferica, la temperatura, le siccità, le precipitazioni, gli incendi boschivi, gli inquinanti industriali. Lo fa notare uno studio pubblicato su Nature Geoscience il 26 gennaio da un gruppo di scienziati tra cui c’è anche Carlo Barbante, direttore dell'Istituto di Scienze Polari del CNR. 

Lo studio ha misurato la concentrazione di ioni ammonio, solfati e nitrati (composti che provengono da valle e sono trasportati in quota dall’aria per poi ricadere e depositarsi sui ghiacciai quando nevica) in due campioni di firn (neve parzialmente compattata che non è ancora diventata ghiaccio) raccolti sul ghiacciaio di Corbassière, in Svizzera, nel 2018 e nel 2020.

Mentre nella parte comune dei due campioni, corrispondente agli anni tra 2016 e 2018, le concentrazioni di questi composti si sovrappongono, nelle sezioni più vecchie, precedenti il 2016, i due profili divergono. La divergenza, secondo gli scienziati, sarebbe l’esito dello scioglimento dei ghiacciai: nel campione del 2020 “gli ioni sono stati riposizionati con l’acqua di disgelo in strati ancora più profondi o rimossi completamente con l’acqua di disgelo percolata”. «Non c’è stato un singolo fattore scatenante per questa forte fusione, ma è il risultato di molti anni caldi recenti», ha spiegato Margit Schwikowski, la scienziata dell'ente di ricerca svizzero Paul Scherrer Institut che ha guidato il gruppo di ricerca. 

A causa del riscaldamento globale antropico stiamo assistendo alla distruzione dei ghiacciai “non solo come paesaggi unici e preziose riserve idriche, ma anche come archivi naturali che custodiscono dati sui cambiamenti del clima e dell'ambiente avvenuti in passato”, spiega Antonio Scalari in un post su Facebook.

“È come se qualcuno fosse entrato in una biblioteca e non solo avesse messo in disordine tutti gli scaffali e i libri, ma ne avesse anche rubati moltissimi e confuso le singole parole in quelle rimanenti, rendendo impossibile la ricostruzione dei testi originali”, si legge sul sito del Paul Sherrer Institut.

Dal 2021 la Ice Memory Foundation, un'iniziativa di sette istituzioni scientifiche italiane, francesi e svizzere, raccoglie carote di ghiaccio provenienti da diversi ghiacciai attualmente a rischio di degrado o scomparsa. “Una memoria del ghiaccio. Per salvare il salvabile di quello che il riscaldamento globale - cioè le emissioni causate dai combustibili fossili - ci sta portando via. Una parte rilevante dei ghiacciai è infatti ormai data per persa, anche se spegnessimo adesso l'interruttore della CO2. Ma tanto si può ancora salvare. Se solo prendessimo sul serio quello che la scienza ci sta ormai urlando nelle orecchie”, osserva ancora Scalari.

I dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera

Immagine in anteprima: frame video Sky News via YouTube

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