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L’industria degli allevamenti intensivi, seguendo gli insegnamenti delle compagnie fossili, ha fatto pressioni significative affinché le politiche climatiche dell’UE venissero indebolite. Ad oggi, già un terzo delle misure europee per la riduzione delle emissioni è stato compromesso dal settore. A renderlo noto, un rapporto del gruppo di esperti indipendente InfluenceMap, il quale ha esaminato le campagne di lobbying condotte presso l’UE negli ultimi tre anni da 10 compagnie e 5 associazioni di categoria afferenti all’industria della carne e dei prodotti caseari. Il focus è stato in particolare su 6 politiche ecologiche cardine, come la direttiva sulle emissioni industriali o la strategia Farm to Fork. Le aziende coinvolte nell’allevamento e nella produzione di carne – quali Arla, Danish Crown, Tonnies group, FrieslandCampina, Vion food group – hanno nello specifico promosso le posizioni più critiche e influenti. Il rapporto ha suggerito inoltre che alcuni colossi dell’industria della carne si sono serviti delle rispettive associazioni di categoria per portare avanti i loro interessi, proteggendosi così da polemiche indesiderate.
La nuova analisi di InfluenceMap ha quindi messo in luce una campagna concertata dell’industria della carne e dei prodotti lattiero-caseari volta a ostacolare gli sforzi politici per affrontare l’impatto climatico del settore. Una vera e propria strategia che ha influenzato in modo significativo le politiche ambientali dell’UE relative alla produzione e al consumo di carne e latticini. Il rapporto, in particolare, ha esaminato il coinvolgimento delle aziende e delle relative associazioni di categoria in merito alle politiche dell’UE volte a ridurre le emissioni climalteranti in linea con il Rapporto speciale 2019 del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). Secondo l’analisi, i giganti dei beni di consumo, come Unilever e Nestlé, hanno in questo caso mostrato un impegno più positivo nei confronti delle politiche dell’UE rispetto ai produttori di carne e latticini come Arla e Danish Crown. Inoltre, è emerso che le associazioni di categoria che rappresentano queste aziende sono state fortemente coinvolte in queste azioni di lobbying, spesso allineandosi con le posizioni più contrarie assunte dalle aziende produttrici di alimenti. Nel complesso, i produttori di carne e latticini, insieme alle loro associazioni industriali, hanno impiegato tattiche simili a quelle utilizzate dall’industria dei combustibili fossili per ostacolare le politiche climatiche. Queste tattiche comprendono la costruzione di una narrativa strategica e un impegno politico dettagliato. Entrambi i settori hanno infatti utilizzato argomentazioni fuorvianti nella loro comunicazione pubblica per seminare dubbi e minare la necessità di affrontare le emissioni di gas serra. Tra le principali tattiche, figura il tentativo di allontanare il settore dalle responsabilità in termini di crisi climatica, negando la necessità di un cambio di dieta, sminuendo l’impatto delle emissioni ed enfatizzando i loro miglioramenti in termini di efficienza. Al contempo, il settore ha lavorato per far risaltare l’importanza degli allevamenti per la società, esaltandone i benefici in termini economici, di salute e di sicurezza alimentare.
Nel complesso, il documento indica che gli sforzi dell’industria sono riusciti in gran parte a indebolire le principali politiche climatiche rivolte al settore nell’UE. Tra il 2020 e il 2023, l’intensa pressione delle aziende ha infatti portato a un significativo indebolimento di un terzo delle politiche esaminate, con la metà di esse che sembra essersi del tutto bloccata a causa dell’opposizione delle aziende e delle associazioni di settore. Tra le politiche interessate figurano il Quadro per i sistemi alimentari sostenibili, una pietra miliare della strategia Farm to Fork, e la revisione della Direttiva sulle emissioni industriali che regola le emissioni inquinanti delle grandi aziende europee. Come se non bastasse, il lobbying dell’industria della carne e dei prodotti lattiero-caseari ha influenzato anche la posizione del partito politico conservatore europeo sulle politiche relative alla transizione della dieta e alle emissioni del settore agricolo. Tra il 2022 e il 2023, l’opposizione del Partito Popolare Europeo a politiche chiave e alla riduzione delle emissioni di gas serra del settore ha infatti rispecchiato la narrativa promossa dai produttori di carne e latticini e dalle loro associazioni industriali. Un allineamento che, verosimilmente, ha influenzato anche l’approccio del Partito alle elezioni europee del 2024.
[di Simone Valeri]