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- La bozza del decreto “contaminazioni” stabilisce delle nuove norme per le tracce accidentali di residui nei prodotti biologici.
- Per la rivista il Salvagente e il Wwf è un decreto che rischia di screditare e penalizzare l’agricoltura biologica.
- Diversa la posizione di Federbio, che però come il Wwf, chiede con urgenza il piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei pesticidi.
Il ministero dell’Agricoltura sta lavorando al cosiddetto decreto “contaminazioni” per l’adozione di misure volte a “evitare la presenza involontaria di sostanze non ammesse nella produzione biologica”. La rivista il Salvagente ha ribattezzato la bozza di testo “decreto ammazza-bio” definendolo una “polpetta avvelenata” per i produttori biologici, mentre il Wwf Italia ha denunciato il rischio che l’agricoltura biologica venga marginalizzata, vessata e penalizzata nel caso queste norme entrassero in vigore. Per Federbio, che ha presentato delle osservazioni alla bozza di testo, la questione va analizzata nel suo complesso.
Cosa dice il decreto “contaminazioni”
Secondo l’articolo 3 della bozza di decreto, quando viene rilevata in un prodotto biologico la presenza accidentale di un pesticida al di sotto dello zero tecnico, ovvero di 0,01 mg/kg, il prodotto è conforme, ma – a differenza di quello che succede ora – viene avviata un’indagine affinché l’ente certificatore appuri la contaminazione accidentale e garantisca che non si ripeta; si stabilisce, inoltre, che in presenza di due tracce di pesticidi, il prodotto non possa più essere venduto come biologico.
All’articolo 5 del decreto si dice poi che anche in presenza accidentale di pesticidi in quantità maggiori allo zero tecnico (superiori a 0,01 mg/kg) il prodotto non viene declassato immediatamente come accade con l’attuale norma, ma deve essere avviata un’indagine: qualora venga stabilito che si tratti di contaminazione accidentale, il prodotto può essere certificato come biologico purché la traccia non superi l’1 per cento del limite massimo di residuo.
Il Salvagente: “Un decreto ammazza-bio”
Per la rivista il Salvagente, il decreto appare contraddittorio e rischia di diventare un ostacolo per gli agricoltori bio i cui prodotti potrebbero essere declassati solo perché sono confinanti con coltivazioni convenzionali che contaminano i raccolti biologici con i pesticidi. Il rischio sarebbe anche quello di screditare un intero settore che gode della fiducia dei consumatori: “Con queste norme — spiegano dalla rivista — il glifosato, l’erbicida probabile cancerogeno per Iarc-Oms, sarebbe tollerato fino a 20 volte il limite consentito in alcune colture”.
“Abbiamo rinominato questo testo ‘decreto ammazza bio’, ha dichiarato Riccardo Quintili, direttore de il Salvagente. “Da una parte è molto severo nei confronti del biologico, punendo il soggetto che subisce la contaminazione accidentale e non gli agricoltori convenzionali che la causano. Dall’altra, concede una tolleranza più ampia di cui non credo che il biologico senta la necessità. A chi giova tutto questo? Forse alle lobby del cibo convenzionale, non certo agli agricoltori biologici che forse non si rendono conto che il decreto è una polpetta avvelenata per loro. I consumatori, inoltre, finirebbero per mettere sullo stesso piano il biologico e il residuo zero: la differenza, invece, è che l’agricoltura biologica, oltre a dare un prodotto finale senza tracce di pesticidi, non utilizza sostanze chimiche di sintesi nemmeno durante il processo agricolo”.
Wwf: “La questione riguarda la salute umana, ma anche ambientale”
“Questo ultimo decreto del Ministero agricoltura si aggiunge a precedenti provvedimenti che insieme definiscono un quadro di norme incoerenti, vessatorie e penalizzanti per gli agricoltori virtuosi che hanno deciso di praticare l’agricoltura biologica, cioè produrre senza l’utilizzo di pesticidi e altre sostanze chimiche di sintesi”, ha detto Franco Ferroni, responsabile Agricoltura Wwf Italia. “A questi agricoltori si chiede di rispettare limiti inverosimili, subendo i danni da parte degli agricoltori che utilizzano veleni. Questo in assenza di regole efficaci per la prevenzione delle contaminazioni accidentali”.
E ancora: “Non si tratta solo di garantire il diritto del consumatore ad avere un prodotto sicuro senza contaminanti, ma la questione riguarda la riduzione complessiva del rischio di esposizione ai pesticidi, la tutela della salute umana, ma anche dell’ambiente secondo l’approccio globale One Health. Il decreto ignora che l’agricoltura biologica presta attenzione a tutto il processo produttivo, evitando l’utilizzo di pesticidi. La scrittura del testo ha dietro obiettivi chiari: avvantaggiare il residuo zero e non infastidire chi fa agricoltura convenzionale. Rivendichiamo dunque il diritto alla semplificazione anche per l’agricoltura biologica e chiediamo la cancellazione degli articoli 3 e 5 del decreto”. Ferroni ha sottolineato poi l’urgenza di redarre un piano d’azione nazionale sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Pan) secondo la direttiva Ue, piano che in Italia è scaduto dal 2019 e non è ancora stato rinnovato.
L’interrogazione dell’onorevole Eleonora Evi sul decreto “contaminazioni”
L’onorevole Eleonora Evi del Partito Democratico ha presentato un’interrogazione sul decreto per conoscere i tempi di approvazione e per chiedere perché si è voluto concedere tolleranze di contaminazione accidentale più alte per i prodotti bio, oltre che per capire i motivi della completa inazione sul rinnovo del Pan. “La normativa sul biologico dovrebbe essere una, quella europea: così si rischia di creare differenze e una concorrenza sleale tra i prodotti bio europei e italiani”, ha affermato l’onorevole. “La mia lettura della situazione è che, al netto delle dichiarazioni a difesa del settore biologico italiano, in realtà si sta facendo altro, ovvero supportare lo status quo e il settore convenzionale con un danno di salute pubblica e ambientale. Il decreto è un’azione confusa da contrastare e fermare”.
Federbio: “Decreto riconosce la contaminazione accidentale, ma serve un quadro normativo a tutela dell’agricoltura biologica”
Un po’ diversa, invece, è la posizione sul decreto di Federbio. La presidente Maria Grazia Mammuccini ha spiegato che, a differenza del decreto “controlli”, approvato nell’ottobre 2023 senza interpellare fin da subito le organizzazioni del biologico, nel caso del decreto “contaminazioni”, il governo ha inviato la bozza di testo ai rappresentati del settore così da permettere loro di inviare le proprie osservazioni: “Noi abbiamo sollevato diverse questioni: riguardo all’articolo 3 chiediamo che in caso di residui sotto lo zero tecnico venga chiarito meglio che non viene avviata un’indagine con la stessa finalità di quella per un campione con residui sopra questo limite, ma piuttosto venga fatto un audit per comprendere la provenienza della contaminazione e quindi per rivedere le misure di prevenzione; in secondo luogo, abbiamo fatto presente che in un formulato possono essere presenti più sostanze non ammesse e che quindi occorre rivedere la questione della non conformità del prodotto con due tracce di residui rilevate”.
Sull’articolo 5, Federbio non vede le stesse criticità di Wwf e il Salvagente: “Il decreto riconosce la possibilità della contaminazione accidentale e non penalizza nell’immediato con il declassamento l’agricoltore biologico, come invece avviene dal 2011. Tollerando la contaminazione non oltre l’1 per cento del limite massimo di residuo ammesso per un prodotto, garantisce comunque la distintività del prodotto biologico”.
Federbio ha fatto poi delle osservazioni di carattere generale al testo: “Chiediamo un tavolo di lavoro finalizzato all’elaborazione di un percorso di semplificazione per l’agricoltura biologica e una revisione dell’entità delle sanzioni relative a violazioni di carattere burocratico. Soprattutto chiediamo l’elaborazione e l’approvazione del Piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei pesticidi, fermo dal 2019. Dobbiamo difendere i prodotti biologici e i consumatori secondo il principio del “chi inquina paga”. Attualmente le fasce di sicurezza sono a carico del produttore bio che deve raccogliere e vendere separatamente i prodotti bio in caso di contaminazioni accidentali. I produttori convenzionali non avrebbero queste difficoltà e se le distanze di sicurezza fossero a loro carico, potrebbe anzi anche essere un modo per far sperimentare loro l’agricoltura biologica”.
Da sapere. L’Italia vanta il 19,8 per cento di superficie agricola certificata biologica, una percentuale molto vicina all’obiettivo del 25 per cento entro il 2030, fissato dalle strategie europee “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”. Dopo il ritiro del regolamento Sur sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi, attualmente l’agricoltura biologica è l’unico strumento di contrasto, a livello europeo, all’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.